di Lucia Izzo - Contrasta con il diritto dell'Unione Europea la decisione di uno Stato membro volta ad allontanare automaticamente un cittadino extra UE soggiornante di lungo periodo, a seguito della commissione di un reato e senza consentirgli di ricorrere in sede giurisdizionale.
Il diritto dell'Unione, infatti, richiede agli Stati membri di assicurare l'integrazione dei cittadini di Paesi terzi in possesso di tale titolo e di accertare caso per caso la necessità dell'espulsione.
Lo ha stabilitola Corte di Giustizia dell'Unione Europea con una sentenza (qui sotto allegata) depositata il 7 dicembre (causa C-636/16, Pastuzano) bocciando le scelte nazionali che fanno scattare in modo automatico l'espulsione, malgrado il legame di lungo periodo tra Stato e cittadino extra UE.
La vicenda
La pronuncia origina dal rinvio pregiudiziale del Tribunale amministrativo di Pamplona (Spagna) circa l'interpretazione dell'articolo 12 della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo.
Il giudice rimettente si era trovato a valutare una controversia tra un cittadino colombiano, titolare di un permesso di lungo soggiorno nel Paese (per approfondimenti: Il permesso di soggiorno), e le autorità spagnole che, a seguito della condanna a due pene detentive di 12 e 3 mesi, avevano ritirato il permesso di soggiorno e deciso per l'allontanamento dell'uomo. Da qui il ricorso di quest'ultimo al tribunale amministrativo, teso a contestare l'applicazione di una misura di allontanamento automatica.
Niente automatismi nell'allontanamento dell'extracomunitario soggiornante di lungo periodo
La CGUE conferma che trattasi di una decisione contrastante con la lettera dell'art. 12 della direttiva 2003/109 (che l'Italia ha recepito con d.lgs. n. 3/2007): la norma stabilisce che gli Stati membri possano decidere di allontanare il soggiornante di lungo periodo esclusivamente se egli costituisce una minaccia effettiva e sufficientemente grave per l'ordine pubblico o la pubblica sicurezza.
Tuttavia, prima di emanare un provvedimento di allontanamento nei confronti del soggiornante di lungo periodo, lo Stato membro deve considerare una serie di elementi quali la durata del soggiorno nel territorio, l'età dell'interessato, le conseguenze per l'interessato e per i suoi familiari, i vincoli con il paese di soggiorno o l'assenza di vincoli con il paese d'origine.
Inoltre, per la giurisprudenza della Corte, l'obiettivo principale della richiamata direttiva è l'integrazione dei cittadini di paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri, a tal fine il legislatore dell'Unione ha ritenuto che il soggiornante di lungo periodo dovrebbe godere di una tutela rafforzata contro l'espulsione.
Tali provvedimenti, spiega la Corte, non possono essere emanati automaticamente a seguito di una condanna penale, ma richiedono una valutazione caso per caso che deve, in particolare, vertere sugli elementi menzionati. Inoltre, per garantire la tutela contro l'espulsione, gli Stati membri dovrebbero prevedere l'accesso effettivo agli organi giurisdizionali.
Di conseguenza, una decisione di allontanamento non può essere adottata automaticamente nei confronti di un cittadino di uno Stato terzo, soggiornante di lunga durata, unicamente in ragione del fatto che è stato condannato a una pena privativa della libertà personale superiore a un anno come, invece, stabilito dal diritto spagnolo.
Pertanto, conclude la CGUE, l'articolo 12 della direttiva 2003/109 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa di uno Stato membro che, come interpretata da una parte degli organi giurisdizionali di tale Stato, non prevede l'applicazione delle condizioni di tutela contro l'allontanamento di un cittadino di uno Stato terzo soggiornante di lungo periodo con riferimento a tutte le decisioni amministrative di allontanamento, indipendentemente dalla natura o dalle modalità giuridiche di tale misura.
CGUE, sent. C-636/16 del 7/12/2017