In altri termini: possono condurre ad un processo.
Non è assolutamente detto però che questi processi portino per forza ad una condanna.
Anzi.
Il caso
E' proprio quello che è successo in una circostanza specifica e che poi si è tradotto in una causa penale, approdata alla sentenza n. 62 del 7 aprile 2016 del Tribunale penale di Firenze.
Un caso risolto però favorevolmente per gli imputati, dal momento che il giudice monocratico non si è per niente convinto della penale responsabilità delle due persone coinvolte.
L'antefatto
I Carabinieri, su delega del Commissariato di P.S., effettuano un controllo del luogo di detenzione armi presso l'abitazione di Tizio, titolare di regolare porto d'armi ad uso venatorio.
In sala vedono alcuni fucili da caccia all'interno di una rastrelliera a muro, aperta e munita di catenella: al momento del controllo il lucchetto è aperto e un fucile poggiato a terra.
Un quantitativo di munizioni viene poi trovato dentro un cassetto nella stanza.
Quindi, in un locale adiacente l'abitazione (chiuso a chiave), trovano più di mille munizioni, mai denunciate; un altro fucile semplicemente appoggiato su uno scaffale.
Un altro fucile monocanna calibro 28, pur intestato a Tizio non si trova nella sua disponibilità, ma nella disponibilità di Caio, presso la cui abitazione viene rinvenuto e sequestrato.
Le dichiarazioni degli interessati
Sono ritenute credibili.
In sintesi: Tizio si reca a casa della suocera per sgombrare il garage dopo la morte del suocero e, nella circostanza, trova molte vecchie munizioni che porta presso la propria abitazione, riponendole nel locale adiacente a casa.
Caso vuole che il giorno del controllo i due stanno imbiancando l'abitazione: per questo motivo i fucili sono sganciati, proprio per tinteggiare le pareti.
Ci si mette poi pure la paura del controllo derivante dal fatto che l'interessato apprende che i fucili devono essere conservati in un armadietto blindato ancorato a muro o a terra; paura che assale uno dei due e lo spinge a consegnare il calibro 28 ad un amico.
Le conclusioni del tribunale di Firenze
Come anticipato, sono del tutto favorevoli per gli imputati.
Vediamo perchè:
1) Sulla questione del grande quantitativo di cartucce acquisite da Tizio e non denunciate tempestivamente, il giudice si persuade della bontà della versione data in corso di interrogatorio, dal momento che la gran parte di esse sono rivestite di cartone e, dunque, verosimilmente risalenti nel tempo. Fatto questo che si lega bene al racconto dello sgombero del garage.
Tra l'altro, in corso di istruttoria dibattimentale non si è neppure riusciti a capire con precisione quando l'imputato sarebbe venuto in possesso delle cartucce, al fine di far decorrere il tempo normativamente prescritto per la denuncia.
2) Sulla questione della diligenza nella custodia, il problema è presto risolto.
Si da il caso che il cacciatore (che non esercita professionalmente attività in materia di armi ed esplosivi) deve custodire l'arma con la cautela che si può pretendere da una persona di normale prudenza.
E' evidente che in causa queste circostanze vanno valutate caso a caso.
Nel caso concreto, i Carabinieri trovano i fucili dentro una rastrelliera a muro munita di lucchetto, pertanto il problema non si pone.
Neppure ha senso il fatto che al momento del controllo la rastrelliera viene trovata aperta, visto che il proprietario è li presente ed è certamente legittimato ad usare l'arma, spostarla, esaminarla, controllarla ecc.
3) Sulla questione della ripetizione della denuncia in caso di trasferimento dell'arma, il dubbio viene subito fugato in causa.
La norma parla di trasferimento da una località ad un'altra dello Stato, non da una stanza ad un'altra.
4) Infine, sulla consegna del fucile affidato all'amico, l'accusa non regge vista l'assenza di prova che egli ha portato l'arma fuori dall'abitazione.
Pare che abbia consegnato il fucile, in effetti, sulla porta di casa e tanto appare credibile in assenza di elementi di prova contraria.
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