di Valeria Zeppilli - Se la controversia è definita con transazione e abbandonata, ciò non vuol dire che l'avvocato non debba essere pagato per l'attività svolta. E lo stesso vale anche nei casi in cui la transazione sia stipulata senza l'intervento degli avvocati, che si siano limitati ad abbandonare la causa dal ruolo o a rinunciare ritualmente agli atti del giudizio.
Fondamento del diritto al pagamento
Più precisamente, come emerge anche dalla sentenza numero 184/2018 della Corte di cassazione (qui sotto allegata), l'estensione anche alle predette ipotesi dell'obbligo delle parti che abbiano transatto una vertenza giudiziaria di farsi carico solidalmente del pagamento degli onorari degli avvocati trova fondamento in tre circostanze:
- nella latitudine della formula normativa di cui all'articolo 68 del r.d.l. numero 1578/1933,
- nella sua finalità di evitare intese con le quali le parti eludano il giusto compenso e il rimborso delle spese ai loro difensori,
- nella natura dell'accordo quale presupposto di fatto per l'ottenimento degli onorari e delle spese.
L'estinzione del giudizio basta per la prova
Per i giudici, poi, ai fini del pagamento del proprio compenso professionale, l'avvocato non è onerato di fornire la prova scritta che tra le parti sia intervenuta una transazione. L'accordo transattivo, infatti, può essere utilmente desunto anche dall'estinzione del giudizio conseguente alla rinuncia agli atti da parte del legale, specie quando, come nel caso di specie, il cliente ha anche ammesso che un tale esito era stato concordato nel contesto di un accordo transattivo cui i legali erano rimasti estranei.
Corte di cassazione testo sentenza numero 184/2018• Foto: 123rf.com