di Lucia Izzo - L'avvocato risponde personalmente non solo per le conseguenze del suo operato, bensì anche per gli errori professionali che derivano da quello dei collaboratori, sia interni allo studio professionale sia domiciliatari, ovverosia gli avvocati aventi studio nel luogo dove si trova il Tribunale competente a decidere (Tribunale di Rimini, sent. 240 del 15 febbraio 2016).
Avvocati: la responsabilità civile professionale
La responsabilità professionale dell'avvocato (per approfondimenti: La responsabilità professionale dell'avvocato) sorge in virtù del mandato che gli è stato conferito e può avere conseguenze sia a titolo civile che penale, nonché disciplinare.
In particolare, soffermandoci sulla responsabilità civile, nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio della sua attività professionale il legale dovrà usare non la diligenza del buon padre di famiglia, bensì il parametro di cui all'art. 1176 c.c., comma 2, da valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata.
Va rammentato che, di norma, l'obbligazione che l'avvocato assume nei confronti del proprio cliente è di mezzi e non di risultato: in pratica, il professionista si impegna a porre in essere tutte le attività necessarie a raggiungere il risultato sperato, ma non può obbligarsi a conseguirlo, non essendo tenuto a realizzare comunque l'esito positivo per l'assistito. Il mancato raggiungimento dello scopo, dunque, non fa sorgere automaticamente una responsabilità in capo al legale.
La giurisprudenza ha precisato (Cass., sent. n. 2638/2013) che la responsabilità dell'avvocato non possa neppure affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se l'evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone.
Inoltre, per la Corte di Cassazione, sent. n. 2954/2016, la responsabilità del professionista, di regola, è disciplinata dai principi comuni sulla responsabilità contrattuale e può trovare fondamento in una gamma di atteggiamenti subiettivi, che vanno dalla semplice colpa lieve al dolo.
Ciò, prosegue la Corte, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà: in tal caso la responsabilità del professionista è attenuata, configurandosi, secondo l'espresso disposto dell'art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave, con conseguente esclusione nell'ipotesi in cui nella sua condotta si riscontrino soltanto gli estremi della colpa lieve.
Avvocati e responsabilità dei collaboratori
Lo stesso codice civile (art, 2232 c.c.) precisa che il professionista è tenuto a eseguire personalmente l'incarico assunto, tuttavia gli è altresì consentito di valersi, sotto la propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari per l'esecuzione della prestazione affidatagli e rientrante nelle sue competenze.
L'utilizzazione dei collaboratori assume valore interno, atteso il carattere personale e fiduciario del rapporto instaurato con il professionista: pertanto, nei rapporti con i clienti, rimane responsabile a tutti gli effetti solo il prestatore d'opera intellettuale in prima persona (art. 1228 c.c.) anche nell'ipotesi in cui l'imperizia o la negligenza nell'esecuzione della prestazione siano attribuibili agli ausiliari (collaboratori o praticanti) di cui il professionista si avvalga sotto la propria direzione e responsabilità.
Anche la giurisprudenza (cfr., ex multis, Cass n. 15895/2009) ha confermato che il professionista è responsabile dei danni patiti dal cliente anche nel caso in cui l'inadempimento sia ascrivibile non solo a sua colpa, ma anche alla responsabilità di coloro di cui si sia avvalso per l'espletamento dell'incarico ricevuto.
Pertanto, si è ritenuto che il difensore che abbia omesso il deposito del ricorso depositato ai sensi dell'articolo 369 c.p.c., è per ciò solo responsabile dei danni patiti dal proprio cliente in conseguenza della violazione, da parte sua, degli obblighi nascenti dal contratto d'opera professionale intervenuto con il cliente senza che rilevi, nei rapporti con quest'ultimo, se l'inadempimento sia ascrivibile a sua colpa esclusiva, o se sussista, eventualmente, anche la responsabilità di coloro di cui il professionista si è avvalso per l'espletamento del ricevuto incarico (cfr., ex multis, Cass. 10 novembre 1998, n. 11284).
Infine, l'avvocato al quale sia conferito il mandato resta personalmente responsabile anche se parte di uno studio associato: come confermato di recente dalla Cassazione (sent. 18393/2017) la responsabilità nell'esecuzione di prestazioni per il cui svolgimento è necessario il titolo di abilitazione professionale è rigorosamente personale perché si fonda sul rapporto tra professionista e cliente, caratterizzato dell' intuitus personae, e perciò, anche se il professionista è associato a uno studio, non sussiste alcun vincolo di solidarietà con i professionisti dello stesso studio né per l'adempimento della prestazione, ne' per la responsabilità nell'esecuzione della medesima.
Avvocati: assicurazione per la responsabilità di collaboratori, praticanti e dipendenti
Per le ragioni sopra illustrate, come stabilito dal d.m. del Ministero della Giustizia del 22 settembre 2016 (in attuazione delle previsioni di cui alla legge n. 247/2012), dallo scorso 10 novembre è scattato l'obbligo per gli avvocati di dotarsi di una polizza assicurativa a copertura di tutti i danni che potrebbero essere causati a terzi nello svolgimento dell'attività professionale, compresa la copertura della responsabilità civile derivante da fatti colposi o dolosi di collaboratori, praticanti, dipendenti, sostituti processuali.
• Foto: 123rf.com