Il tema della sedazione profonda spesso è saltato agli onori della cronaca; l'ultima volta che se ne era parlato era stato a febbraio 2017 nel caso di Dino Bettamin, macellaio settantenne di Montebelluna (Treviso), affetto da sclerosi laterale amiotrofica dal 2012 che aveva deciso di ricorrere alla sedazione palliativa profonda per restare addormentato fino alla morte, sopraggiunta poi pochi giorni dopo. L'argomento è ritornato prepotentemente agli onori della cronaca attraverso il messaggio video di Marina Ripa di Meana, scomparsa di recente.
Ma cos'è esattamente la sedazione profonda? Qual è la differenza con l'eutanasia?
Sedazione profonda: cos'è e come è regolata
Volendo spiegare in maniera molto sintetica, innanzitutto è necessario verificare, dopo un'attenta informazione e spiegazione del protocollo da parte del medico (in genere il trattamento è attuato da medici palliativisti anestesisti e da infermieri), la volontà della persona. Nel passaggio successivo al paziente vengono somministrati farmaci in grado di sedarlo profondamente, annullando la sua consapevolezza. La sedazione, come definiscono i medici palliativisti, produce l'interruzione intenzionale della percezione della sofferenza, una sofferenza che non è solo data dal dolore fisico, ma può essere anche di tipo esistenziale.
Luciano Orsi, anestesista rianimatore e palliativista, vicepresidente della Società Italiana di Cure Palliative (nata a Milano nel 1986 con l'obiettivo di diffondere e promuovere le cure palliative, e di occuparsi dei bisogni clinici e psicologici dei malati in fase avanzata e terminale) ha chiaramente affermato la differenza tra sedazione profonda e eutanasia: "Sono due procedimenti completamenti diversi. Diversi sono gli obiettivi, i mezzi utilizzati e i contesti. L'intervento palliativo è un atto terapeutico con cui si vuole liberare il malato dalla sofferenza. L'eutanasia, invece, è la volontà di porre fine alla vita attraverso un farmaco, su esplicita richiesta del malato".
Luciano Orsi afferma anche che: "In Italia ... esiste una legge sulle cure palliative, la numero 38 del 2010, votata all'unanimità in parlamento. È un testo che ci invidiano tutti gli altri paesi europei. Sancisce che le cure palliative, ormai entrate di fatto nei Lea, i livelli essenziali di assistenza, sono un diritto del cittadino. Ciò vuol dire che tutte le procedure terapeutiche che rientrano in questa categoria, compresa la sedazione profonda, sono lecite dal punto di vista legale, giuridico e deontologico (…). Si usano farmaci sedativi, non la morfina - che - vengono somministrati progressivamente nel corso di giorni. Se invece il paziente grava in uno stato emergenziale, come ad esempio un'emorragia interna o esterna, oppure un soffocamento, si procede con una somministrazione rapida per togliergli coscienza".
La decisione finale dev'essere necessariamente condivisa tra un paziente cosciente e in grado di relazionarsi, che deve dare il proprio consenso, e il gruppo di medici, infermieri e psicologi che si occupa del trattamento palliativo.
Dal momento che l'equipe sanitaria prende in carico la persona malata negli ultimi mesi di vita, se l'assistito lo desidera ha tutto il tempo per confrontarsi con chi gli sta vicino ogni giorno, dunque valutare, anticipare una scelta e poi dare il consenso nella fase finale.
Più che una decisione, "è un processo decisionale, maturato insieme passo dopo passo, in cui è fondamentale l'intesa, l'alleanza terapeutica tra il malato e coloro che lo assistono".
"Tutte le ricerche scientifiche in merito hanno ampiamente dimostrato che la sedazione palliativa profonda non anticipa né accelera la morte. Al massimo, può solo allungare i tempi di sopravvivenza, non certo accorciarli. In certi casi, infatti, il malato sedato tende a vivere un po' più a lungo di quello non sedato".
La sedazione profonda nella legge sul biotestamento
Di recente, la sedazione profonda è comparsa ufficialmente nella legge sul biotestamento, che all'articolo 2, dopo aver affermato che il medico che abbia in cura un paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, deve astenersi sia dal somministrare cure in maniera ostinata e irragionevole sia dal ricorrere a trattamenti inutili o sproporzionati, stabilisce che "in presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente".
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