di Valeria Zeppilli - I messaggi Whatsapp e gli sms acquisiti dalla memoria del telefono dell'indagato sottoposto a sequestro devono essere considerati come documenti, con conseguente applicazione dell'articolo 234 del codice di procedura penale.
Lo ha chiarito la Corte di cassazione nella sentenza numero 1822/2018 (qui sotto allegata), aggiungendo che la loro acquisizione non soggiace, di conseguenza, alle regole stabilite dal codice di rito per la corrispondenza o per le intercettazioni telefoniche.
Niente sequestro
Più nel dettaglio, ai predetti messaggi rinvenuti in un telefono sottoposto a sequestro non si applica la disciplina prevista dall'articolo 254 c.p.p. sul sequestro di corrispondenza, in quanto la nozione di corrispondenza "implica un'attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito".
Niente intercettazione
Alla loro acquisizione non si estendono neanche le norme sulle intercettazioni, in quanto queste ultime hanno ad oggetto "la captazione di un flusso di comunicazioni in corso", mentre se si recuperano i messaggi da un telefono sequestrato non si fa altro che acquisire il dato che documenta quei flussi ex post, recuperandolo dalla memoria in cui è conservato.
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