La Cassazione precisa come sia a discrezione del giudice, se esaminate particolari questioni, liquidare un compenso maggiorato all'avvocato che assista contro più parti

di Lucia Izzo - Laddove l'avvocato difenda il cliente contro una molteplicità di controparti, il giudice potrà liquidargli un compenso unico maggiorato del 20% per ciascuna parte, sempre laddove la prestazione comporti l'esame di particolari situazioni di fatto o di diritto.


Si tratta di una mera facoltà che rientra nel potere discrezionale del giudice, come avviene per il caso in cui più parti, con un'identica posizione processuale, vengano difese dallo stesso avvocato. Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 712/2018 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un avvocato contro un'impresa assicurativa.


In particolare, la vicenda origina dall'opposizione dell'impresa al decreto ingiuntivo con il quale, su iniziativa del legale, era stata condannata al pagamento delle somme dovute a titolo di spettanze professionali per l'attività svolta dal creditore nell'interesse dell'opponente in cinque procedimenti giudiziari, successivamente riuniti.


Il Tribunale aveva deciso di revocare il decreto e, tenuto conto delle somme già versate dall'opponente, condannava quest'ultima al pagamento della residua somma, oltre spese generali in misura pari al 12,50%, IVA e CPA.

Compenso maggiorato all'avvocato che difende da più controparti solo se esaminate particolari questioni

In Cassazione, l'avvocato impugna la revoca del decreto ingiuntivo e contesta, tra l'altro, come, in assenza di domanda, il Tribunale avesse ridotto da 7 a 2 (oltre la prima) la maggiorazione degli onorari prevista dall'art. 5 n. 4 del D.M. n. 127/2004, in relazione all'ipotesi di assistenza prestata dal difensore contro più parti.


Motivo che gli Ermellini ritengono infondato richiamando un consolidato principio della giurisprudenza di legittimità in materia (ex multis Cass. n. 19089/2009; Cass. n. 17354/2002) secondo cui: "in tema di liquidazione degli onorari di avvocato, è demandato al potere discrezionale del giudice di merito stabilire, di volta in volta, l'aumento dell'unico onorario (...), in caso di assistenza e difesa di più parti aventi la stessa posizione processuale, ed anche ove, trattandosi di più processi distinti, sia mancato un provvedimento di riunione".


Il Collegio ritiene di poter pacificamente assimilare all'ipotesi sopra enunciata quella in cui l'avvocato presti assistenza nei confronti di più parti avverse: in merito a questa, infatti, il D.M. n. 127/2004 ha disposto in maniera identica al caso di assistenza dell'avvocato in favore di più parti.


Sul punto, la Cassazione rammenta come, in tema di liquidazione degli onorari di avvocato, l'art. 5, comma 4, della tariffa professionale approvata con il citato D.M., consente al giudice, nell'ipotesi di assistenza e difesa di una parte avverso più controparti di liquidare un compenso unico maggiorato per ciascuna parte del 20%.

Tuttavia, questa rappresenta una mera facoltà rientrante nel potere discrezionale del giudicante, sempre che la prestazione comporti l'esame di particolari situazioni di fatto o di diritto, esattamente come avviene nel caso speculare in cui più parti con un'identica posizione processuale sono state difese dallo stesso avvocato. Il mancato esercizio di tale facoltà non appare, inoltre, denunciabile in sede di legittimità, se motivato.

Nel caso in esame, pertanto, deve ritenersi insindacabile in Cassazione la decisione del giudice di merito di limitare a sole due parti l'aumento previsto dalle previsioni tariffarie, essendosi precisato che tale limitazione, riferita correttamente ai compensi maturati in epoca successiva alla riunione delle cause inizialmente proposte in maniera separata, si giustificava per la trattazione sintetica e complessivamente unitaria delle posizioni e delle pretese dei diversi danneggiati, e che, solo per una parte, si era imposta una difesa specifica e dettagliata, distinta rispetto a quella sintetica e per capi delle altre numerose posizioni.

Cass., VI civ., ord. 712/2018

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