di Valeria Zeppilli - Se il proprio bambino nasce con delle gravi malformazioni, è la madre che deve dimostrare che, se fosse stata correttamente e tempestivamente informata della gravità delle patologie cui il nascituro andava in contro, avrebbe di certo interrotto la gravidanza.
La Corte di cassazione, nella sentenza numero 1252/2018 qui sotto allegata, non mostra dubbi in tal senso ricordando come il precedente orientamento di senso contrario espresso, ad esempio, dalla pronuncia numero 6735/2002, sia già stato modificato con la sentenza numero 16754/2012 (confermata sul punto anche dalla sentenza numero 25767/2015 della Corte di cassazione).
Aborto ultratrimestrale
In altre parole, non è più possibile ritenere che l'interruzione della gravidanza in conseguenza di una corretta e tempestiva informazione da parte del ginecologo circa le patologie gravi del feto risponda a regolarità causale.
L'onere della prova, oggi, grava totalmente sulla gestante e, nel caso come quello di specie in cui si sarebbe trattato di aborto ultratrimestrale, lo stesso risulta ancora più pregnante.
La responsabilità del ginecologo
Concretamente, tale principio si riflette sulla responsabilità del ginecologo per nascita indesiderata, che non può essere dedotta esclusivamente dalla circostanza che il sanitario non abbia reso noto alla gestante che il feto è affetto da una certa condizione patologica se manca la prova che la patologia fosse di una gravità tale da consentire alla donna di esercitare il diritto all'interruzione della gravidanza oltre i termini fissati dalla legge e che la donna si sarebbe determinata in tal senso.
Corte di cassazione testo sentenza numero 1252/2018