di Valeria Zeppilli - Per valutare l'effettività del danno da inquinamento acustico può risultare fondamentale procedere alla misurazione del rumore di fondo nella fascia oraria nella quale si lamenta la violazione dei limiti.
Lo ha detto la Corte di cassazione nella sentenza numero 1025/2018 (qui sotto allegata), confermando la decisione del giudice del merito di discostarsi dalle risultanze della c.t.u. espletata in corso di causa e di respingere la domanda di risarcimento danni derivanti da immissioni rumorose prodotte in orario notturno.
Danni da rumore, prova non raggiunta
In particolare per i giudici, posta l'impossibilità di misurare contemporaneamente rumore ambientale e rumore di fondo e in assenza di un'apposita misurazione di quest'ultimo, nel caso di specie la prova dell'evento dannoso non poteva dirsi raggiunta.
A tale proposito, la sentenza ha confermato che non è infatti possibile fondare la misurazione dell'eventuale superamento dei limiti differenziali su un valore del rumore misurato, come fatto in corso di causa, 32 minuti prima dell'inizio del periodo considerato e 92 prima della sua fine.
Infatti, se in generale può supporsi che il rumore di fondo rimanga relativamente costante nel corso della giornata, tale affermazione non è vera per quanto riguarda l'orario che va dalle 5 alle 7 del mattino, posto che in tale periodo la maggior parte delle attività umane riprende dopo la pausa notturna.
Di conseguenza, se manca la misurazione del rumore di fondo nella specifica fascia oraria in cui si lamenta la violazione dei limiti differenziali, non è possibile ritenere raggiunta la prova dell'evento dannoso.
Corte di cassazione testo sentenza numero 1025/2018- Immissioni di rumore: tutela civile e penale
- Raccolta di articoli e sentenze in materia di immissione di rumori