di Lucia Izzo - Non spetta alcun assegno di divorzio all'ex economicamente autonomo che vive, senza oneri di locazione, in una casa di famiglia.
Anche la giurisprudenza di merito ribadisce e conferma il dietrofront della Cassazione che, nella sentenza n. 11504/2017 ha sancito il definitivo abbandono del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, enfatizzando, invece, il parametro dell'indipendenza economica del richiedente (per approfondimenti: Divorzio: la Cassazione dice addio al tenore di vita. Ecco le motivazioni).
La vicenda
Il Tribunale di Roma, nella sentenza n. 18063/2017 dello scorso 29 settembre (Presidente Mangano, Estensore Mauro) ha dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato tra le parti, una coppia, senza figli, che era stata inizialmente autorizzata a vivere separata.
La separazione, inizialmente giudiziale, si era conclusa con un accordo delle parti in forza del quale il marito si è obbligato a versare mensilmente alla moglie 1200 euro. Durante il procedimento di divorzio, invece, la donna ha chiesto un assegno divorzile di 1300 euro, domanda a cui il marito si è opposto.
D'altronde, l'esborso era già stato in via provvisoria ridotto dal Presidente f.f. in considerazione del fatto che l'uomo, dopo la separazione, aveva avuto un figlio.
Assegno divorzile: spetta al coniuge non economicamente indipendente
Il Tribunale capitolino rammenta come il giudice, nella pronuncia sulla sussistenza del diritto di un coniuge a ottenere dall'altro un assegno divorzile, è chiamato a una serie di verifiche. Ad esempio, nella fase dell'an debeatur andrà accertato se il diritto all'assegno spetti o meno al richiedente.
La domanda di quest'ultimo, per essere accolta, dovrà soddisfare le relative condizioni di legge (mancanza di "mezzi adeguati" o, comunque, impossibilità "di procurarseli per ragioni oggettive"), con esclusivo riferimento all'indipendenza o autosufficienza economica dello stesso, desunta dai principali "indici" del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, delle capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all'età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo), della stabile disponibilità di una casa di abitazione.
Il corrispondente onere probatorio grava sul richiedente medesimo, fermo il diritto all'eccezione ed alla prova contraria dell'altro ex coniuge. Invece, oggetto del successivo e separato giudizio sul quantum debatur (a cui si potrà accedere soltanto all'esito positivo della prima fase) sarà la determinazione dell'assegno.
Divorzio: niente assegno alla ex laureata, dipendente e con casa di proprietà
Nel caso in esame, il Tribunale ritiene che la resistente abbia mezzi adeguati per potersi mantenere autonomamente e sia libera dal bisogno, ossia economicamente indipendente: la donna, laureata e dipendente della Corte dei Conti ha dichiarato al fisco nel 2017 un reddito annuo netto da lavoro dipendente di oltre 24mila euro.
Somma alla quale devono aggiungersi quelle ricevute dall'ex marito a titolo di contributo per il suo mantenimento. Inoltre, la richiedente vive, gratuitamente, in una casa di proprietà della madre ed è comproprietaria di alcuni immobili e locali condominiali da cui riscuote rendite.
Nonostante la donna affermi che tali rendite siano destinate a far fronte alle necessità dell'anziana madre, invalida e bisognosa di cure, il giudice non trova prove di tale spese sostenute. Inoltre, chiarisce il Tribunale, "per quanto possa essere encomiabile il desiderio di un figlio di volere per il proprio anziano genitore il meglio, tale volontà non può certo gravare, neanche indirettamente, sulle risorse economiche dell'ex coniuge".
Alla luce degli acquisiti rilievi, conclude il Tribunale, l'ex moglie deve considerarsi economicamente autosufficiente, pertanto la sua domanda di assegno divorzile va respinta in quanto andrebbe a gravare sul ricorrente che, con i propri redditi, deve invece provvedere al mantenimento del figlio nato dopo la separazione.
D'altronde, l'uomo ha comunque contribuito al mantenimento della moglie la quale ha così goduto per ben nove anni del versamento del marito potendo, così, meglio organizzare la propria vita di donna separata.
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