di Valeria Zeppilli - Perché possa dirsi integrata una fattispecie di mobbing, è necessario accertare che gli episodi denunciati dal lavoratore travalichino la normale conflittualità presente in ogni ambito lavorativo.
Il principio si evince dalla sentenza numero 1381/2018 della sezione lavoro della Corte di cassazione (qui sotto allegata), che ha confermato la decisione del giudice del merito di escludere la sussistenza del mobbing in difetto del superamento del predetto limite.
Mobbing: oltre la normale conflittualità
Nel caso di specie, la Corte d'appello aveva respinto l'originaria domanda di una lavoratrice non per difetto di sistematicità e reiterazione degli episodi denunciati dalla donna e accertati in corso di causa, ma ritenendo che quanto rilevato dall'attrice non fosse altro che un'estrinsecazione delle situazioni di conflitto lavorativo da ricondurre alla normalità, specie considerando che, nel caso di specie, il responsabile delle asserite condotte mobbizzanti era l'ex compagno della lavoratrice e che il legame sentimentale tra i due si era recentemente rotto.
Più nel dettaglio, nel corso del giudizio di merito era emerso che l'uomo, in realtà, non aveva tenuto nei confronti della lavoratrice un atteggiamento denigratorio né aveva tentato di emarginarla; le mansioni svolte dalla donna, peraltro, erano congrue rispetto all'inquadramento contrattuale e non vi era stato alcun intento di demansionamento desumibile dall'assunzione a termine di altro dipendente, che è espressione della libertà di scelta imprenditoriale tutelata dall'articolo 41 della Costituzione.
Dinanzi a tale ricostruzione del giudice del merito, la Corte di cassazione non ha avuto alcuno strumento per intervenire: la decisione è frutto di un accertamento di fatto logicamente e congruamente motivato e, pertanto, si sottrae al sindacato di legittimità e non può che essere confermata.
Corte di cassazione testo sentenza numero 1381/2018