Avv. Paolo Accoti - Il contratto d'opera professionale che si instaura tra cliente e avvocato rientra nella più ampia categoria del contratto di mandato, con il quale il professionista viene incaricato di curare gli interessi della parte in merito ad una determinata questione giuridica.
In linea di massima al mandatario non è preclusa la possibilità di avvalersi dell'opera di un sostituto, tuttavia, nell'ambito del mandato professionale, trattandosi di rapporto fiduciario ed essendo perciò lo stesso caratterizzato dall'intuitu personae, non ammette sostituzioni che non siano autorizzate.
La mancanza di autorizzazione in tale senso è una ipotesi che rientra nel paradigma del 1° comma dell'art. 1717 Cc, a mente del quale <<il mandatario che, nell'esecuzione del mandato, sostituisce altri a se stesso, senza esservi autorizzato o senza che ciò sia necessario per la natura dell'incarico, risponde dell'operato della persona sostituita>>.
Peraltro, ai sensi del successivo 4° comma, <<il mandante può agire direttamente contro la persona sostituita dal mandatario>>, motivo per il quale il cliente è legittimato ad agire per ottenere il risarcimento dell'eventuale danno cagionato, sia nei confronti del mandatario, nel caso di specie l'avvocato incaricato, sia del sostituto per il comportamento illegittimo tenuto da questi.
Pertanto, la responsabilità professionale dell'avvocato che sostituisce quello effettivamente incaricato dai clienti, senza l'autorizzazione degli stessi, si appalesa quale azione diretta per responsabilità contrattuale del professionista e, per esso, dell'assicuratore professionale, obbligato a tenerlo indenne per i danni cagionati ai terzi nello svolgimento dell'attività professionale.
Questi i principi di diritto espressi dalla III Sezione Civile della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 1580, depositata in data 23 Gennaio 2018.
La vicenda
La vicenda giudiziaria vedi contrapposti i familiari di una vittima di un incidente aereo che, all'epoca dei fatti, avevano conferito mandato a rappresentarli in giudizio all'avvocato Tizio il quale, a sua volta, senza alcuna autorizzazione, incaricava l'avvocato Caio a proporre appello avverso alla sentenza di primo grado.
Alcuni familiari delle vittime a seguito di transazione venivano risarciti, tuttavia, tale risarcimento veniva negato ad altri familiari pur nella identità del contesto, a cagione del fatto che l'avvocato sostituto aveva omesso di indicare il loro nominativo nell'atto di appello dallo stesso predisposto su incarico del collega.
Pertanto i familiari esclusi convenivano in giudizio gli avvocati Tizio e Caio affinché, previo accertamento della loro responsabilità professionale, venissero condannati al risarcimento del danno.
Instauratosi il contraddittorio con la chiamata in causa della compagnia di assicurazioni che copriva la responsabilità professionale dell'avvocato Caio, Il Tribunale di Roma, accertava e dichiarava la responsabilità del solo avv. Tizio e lo condannava al risarcimento dei danni.
Sull'appello proposto dagli attori la Corte d'Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, confermava la condanna dell'avv. Tizio, ma condannava anche l'avv. Caio, in solido tra loro, a pagare le somme liquidate in favore dei familiari delle vittime dell'incidente aereo, con manleva da parte della compagnia di assicurazioni.
Propone ricorso per cassazione la medesima compagnia di assicurazioni deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1325 e 1326 Cc nonché dell'art. 2697 Cc, in considerazione del fatto che l'avvocato Caio non avrebbe avuto alcun rapporto professionale con i familiari delle vittime dell'incedente aereo, essendo stato incaricato alla stesura dell'atto di appello - poi risultato errato - solo dal collega Tizio, pur privo di alcuna autorizzazione.
Avvocati: la responsabilità del sostituto non autorizzato
La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso ripercorre i principi che reggono il contratto d'opera professionale e, sulla premessa non contestata che i danneggiati avessero dato incarico solo all'avvocato Tizio, senza tuttavia autorizzarlo a nominare sostituti o altri procuratori ma che, tuttavia, questi ebbe comunque ad incaricare un suo sostituto per la redazione dell'atto di appello, afferma come <<la procura è un atto unilaterale contenente un conferimento di poteri, emanato "intuitu personae". Pertanto, il rappresentante processuale non può sostituire altri a sé nell'esecuzione dell'incarico ricevuto, a meno che tale facoltà non gli sia stata espressamente conferita; ne consegue che la legittimazione del sostituto del mandatario o del procuratore a compiere atti efficaci nella sfera giuridica del "dominus" richiede necessariamente un'esplicita autorizzazione da parte di quest'ultimo senza che a diversa conclusione possa giungersi in base al disposto dell'art. 1717 cod. civ., il quale si limita a regolare la responsabilità del mandatario per aver sostituito altri a sé senza esserne autorizzato (v. Cass. n. 15412 del 2010). Diversamente, qualora la procura alle liti conferisca al difensore il potere di nominare altro difensore, deve ritenersi che essa contenga un autonomo mandato "ad negotia" - non vietato dalla legge professionale né dal codice di rito -, che abilita il difensore a nominare altri difensori, i quali non sono semplici sostituti del legale che li ha nominati, bensì, al pari di questo, rappresentanti processuali della parte (Cass. n. 1756 del 2012).>>.
La Corte rileva come in linea generale <<il contratto d'opera professionale è rapportabile alla più ampia categoria del contratto di mandato, perché instaura con il cliente un rapporto gestorio, relativo, se il professionista come nel nostro caso è un avvocato, a gestire professionalmente la posizione della parte in relazione ad una determinata questione giuridica, sia essa connessa con una attuale o futura controversia o meno. Nella ricostruzione prevalente, il mandato, pur essendo un contratto caratterizzato dall'elemento della fiducia, non è tuttavia basato necessariamente sull" "intuitus personae", per cui al mandatario non è vietato di per sé avvalersi dell'opera di un sostituto, a meno che il divieto non sia stato espressamente stabilito oppure si tratti di attività rientrante nei limiti di un incarico fiduciario affidato "intuitu personae" (Cass. n. 18512 del 2006), tant'è che l'art. 1717 c.c. disciplina le ipotesi di sostituzione del mandatario allo scopo di delimitarne l'ambito di legittimità e di definire le responsabilità>>.
Tuttavia, nel caso specifico dei professionisti <<deve però ritenersi che il mandato professionale (sia che il professionista scelto sia, come nella specie, un avvocato, o anche qualora sia un professionista appartenente ad una diversa categoria professionale, quale un medico, o un architetto) sia invece caratterizzato esso stesso dall'intuitus personae, in quanto è un contratto il cui oggetto è la prestazione professionale di quella determinata persona che il cliente individua in ragione della particolare competenza e quindi della fiducia che in essa ripone, determinandosi a svolgere, tramite il professionista, una determinata attività nella quale non si impegnerebbe in mancanza di una persona di fiducia alla cui professionalità appoggiarsi. Quindi, di per sé (a prescindere dalla problematica connessa all'esistenza o meno di una procura con poteri di sostituzione), il mandato allo svolgimento di un incarico professionale non ammette sostituzioni che non siano autorizzate. Il comportamento dell'avvocato che, senza essere stato incaricato dal cliente, ma su incarico del difensore del cliente si ingerisca nella difesa compiendo direttamente atti difensivi, rientra di conseguenza nella prima delle tre ipotesi di sostituzione del mandatario disciplinate dall'art. 1717 c.c. (sostituzione non autorizzata e non necessaria per la natura dell'incarico), dovendosi ricondurre il contratto d'opera professionale alla più ampia categoria del rapporto di mandato. I primi tre commi dell'art. 1717 c.c. distinguono tre ipotesi di sostituzione (mandato non autorizzato o non necessario, mandato senza indicazione della persona del sostituito e mandato autorizzato in cui il mandatario risponde solo per le errate istruzioni), quanto alla responsabilità che il mandatario può assumere verso il mandante. Quello che preme mettere in rilievo, però, in riferimento a tutte e tre le ipotesi; il quarto e ultimo comma dell'art. 1717 c.c. prevede la possibilità per il mandante di agire direttamente contro la persona del sostituto, per far valere le sue pretese rimaste insoddisfatte o lese dal comportamento dell'illegittimo sostituto.>>.
Ecco che allora, nella fattispecie in esame, <<a fronte dell'illecita attività dell'avvocato che, in sostituzione dell'unico avvocato incaricato dai clienti e senza l'autorizzazione dei clienti si sostituisca all'avvocato di fiducia compiendo attività processuali non autorizzate con esito pregiudizievole per i clienti stessi, i clienti possono agire direttamente nei confronti del sostituto per farne accertare la responsabilità. E' una azione diretta che trae la sua fonte dall'esercizio di un'attività direttamente pregiudizievole nella sfera dei clienti altrui da parte dell'avvocato non autorizzato, ed è un'azione diretta che consente ai clienti di far valere una responsabilità contrattuale del professionista, volta, nel caso in esame, al risarcimento dei danni. Dalla affermazione di responsabilità del professionista verso i danneggiati, perseguibile dai danneggiati con l'azione diretta, discende l'obbligo della sua assicurazione professionale di tenerlo indenne dalle conseguenze dannose provocate a terzi dallo svolgimento dell'attività professionale stessa.>>.
Il ricorso, pertanto, è respinto con condanna della ricorrente a rimborsare le spese del giudizio di legittimità.
Cass. civ. Sez. III, 23.01.2018, n. 1580
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