di Valeria Zeppilli - Quando un soggetto si espone attivamente o passivamente all'esito di un processo, non può pretendere di beneficare solo degli eventuali vantaggi che da questo derivino ma deve accettare anche di sopportarne le possibili conseguenze sfavorevoli. Tali conseguenze sfavorevoli, in ordine alle spese di giudizio, sono stabilite a carico della parte in base al principio della soccombenza che regola la loro liquidazione nel processo civile.
Se ciò è pacifico per i più, vi è un ulteriore aspetto particolare, che non deve essere sottovalutato, che è stato chiarito di recente dalla Corte di cassazione con la sentenza numero 2787/2018 (qui sotto allegata) e che trova conforto anche in altre più risalenti pronunce: in forza del predetto principio della soccombenza, l'onere di farsi carico delle spese di giudizio non viene meno neanche se queste non sono "rigorosamente conseguenziali e strettamente dipendenti dalla attività della parte rimasta soccombente".
Si paga anche per il giudice
Di conseguenza, è ben possibile che il soggetto che abbia perso la causa si trovi costretto a farsi carico anche delle spese che siano derivate dagli eventuali errori commessi dal giudice nei vari gradi o nelle diverse fasi del processo.
Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva erroneamente contravvenuto a tale principio, disponendo la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di rinvio. Per la Cassazione, quindi, dovrà ora tornare a pronunciarsi sull'argomento stabilendo una diversa regolazione degli oneri gravanti sul soccombente.
Corte di cassazione testo sentenza numero 2787/2018