Per gli Ermellini non dovrà essere richiesto il consenso al prelievo ematico che potrà essere effettuato salvo espresso rifiuto dell'interessato

di Lucia Izzo - Rischia una condanna per guida in stato di ebbrezza il ciclista che si mette alla guida del proprio veicolo ubriaco e provoca un incidente. Scatta, infatti, il reato di cui all'art. 187 del Codice della Strada se il suo stato di alterazione è confermato dal successivo prelievo ematico.


Sul punto, si rammenta che

nessun

consenso dovrà essere richiesto né dalla polizia giudiziaria né dal medico, il

quale potrà senz'altro procedere al prelievo, a meno che non si trovi di fronte

a un rifiuto da parte dell'interessato.

La vicenda

Lo ha precisato la Corte di Cassazione, IV sezione penale, nella sentenza n. 6119/2018 (qui sotto allegata) confermando la condanna a un ciclista. Questi aveva provocato un incidente mentre procedeva a zig-zag sul proprio mezzo, assieme a un'altra persona, toccando con il manubrio lo specchietto retrovisore di un'auto che aveva affiancato, così cagionando la caduta a terra del veicolo.


Le Forze dell'ordine erano accorse sul luogo e l'imputato, a seguito del successivo controllo ematico, era risultato ubriaco e dunque era stato condannato dai giudici di merito in ordine al reato di cui all'art. 186 del Codice della Strada.

Guida in stato di ebbrezza: non necessario il consenso al prelievo ematico

In Cassazione, il ciclista sostiene che il consenso al prelievo ematico non possa essere richiesto dal medico, ma soltanto dalla polizia giudiziaria, da cui proviene la domanda di eseguire l'accertamento, non trattandosi di un atto terapeutico. Così come sarebbe compito della polizia giudiziaria redigere verbale dell'atto, in mancanza del quale l'accertamento è invalido.


In realtà, spiega la Cassazione, è manifestamente infondato il motivo di ricorso del ciclista. Infatti, come precisato dalla giurisprudenza, il prelievo ematico effettuato dai sanitari, su richiesta della polizia giudiziaria, ai fini della verifica del tasso alcolemico, è utilizzabile anche in assenza di un consenso verbalmente espresso dall'interessato, purché quest'ultimo non abbia opposto un esplicito rifiuto (cfr. Cass., Sez. 4, n. 6755/2012; Cass., Sez. 4, n. 6786/2014)


Ipotesi, quest'ultima, integrante estremi di reato e certamente esulante dal caso in disamina, atteso che risulta del tutto estranea alla regiudicanda la contravvenzione di cui all'art. 187, comma 7, del Codice della Strada.


Inoltre, conclude la Corte, non è dato comprendere sotto quale profilo la mancanza di un verbale redatto dalla polizia giudiziaria possa inficiare la validità dell'atto, atteso che l'effettuazione del prelievo è dimostrata dalla relativa certificazione sanitaria, al pari delle risultanze delle conseguenti analisi.


Così come l'eventuale rifiuto risulterà dalla relativa attestazione del sanitario operante, che è un pubblico ufficiale, titolare di poteri certificativi, ex art. 357 del codice penale. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese.


Cassazione, sentenza n. 6119/2018

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