di Lucia Izzo - È ben possibile che la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense decida, attraverso un proprio regolamento, di disciplinare la rivalutazione delle pensioni agganciandola all'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
Infatti la delegificazione attuata dalla riforma Dini ha riconosciuto agli istituti privati autonomia regolamentare e la decisione sulla rivalutazione dell'assegno incide non solo sul singolo trattamento previdenziale, ma sull'intera spesa pensionistica della cassa.
Tanto si desume dalla sentenza della Corte di Cassazione, sezione lavoro, n. 3461/2018 (qui sotto allegata) con la quale gli Ermellini hanno bocciato il ricorso di un avvocato. In primo grado era stata accolta la domanda del legale tesa all'accertamento del diritto alla rivalutazione della pensione di vecchiaia, di cui fruiva dal primo febbraio 2006, sin dal primo gennaio 2007, utilizzando l'indice medio annuo relativo all'anno 2005 contenente i dati di svalutazione del 2004.
La condotta della Cassa Forense, tuttavia, veniva ritenuta legittima dalla Corte d'appello in quanto questa, applicando l'art. 49 del Regolamento generale (nella versione adottata con delibera n. 133 del 2003), aveva individuato il tasso medio annuo di variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati da utilizzare ai fini della rivalutazione delle pensioni (ai sensi dell'art. 16 della legge n. 576/1980), nell'indice medio annuo del 2006, contenente i dati di svalutazione del 2005.
Pensioni avvocati: si alla rivalutazione in base a indici ISTAT
Pronunciandosi sul tema della legittima utilizzazione dei poteri regolamentari da parte della Cassa forense, la Cassazione tratteggia le caratteristiche dell'ente attraverso il quadro normativo interpretato dalla giurisprudenza di legittimità.
A seguito della c.d. Riforma Dini, la legge ha riconosciuto alla Cassa autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile che, comunque, non esclude l'eventuale imposizione di limiti al suo esercizio.
Si attuata una sostanziale delegificazione attraverso la quale, nel rispetto dei limiti imposti dalla stessa legge, è concesso alla Cassa di regolamentare le prestazioni a proprio carico anche derogando a disposizioni di leggi precedenti.
Il legislatore ha deciso di riconoscere l'autonomia regolamentare della Cassa nella materia indicata nel comma 12 dell'art. 3 della legge n. 335/1995 che, nel testo vigente al momento in cui fu modificato l'art. 49 del Regolamento generale, prevedeva che gli enti privatizzati adottassero "provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti".
Non coglie nel segno, pertanto, la tesi del ricorrente che, invece, sostiene che l'ambito della materia oggetto di delegificazione non comprenderebbe la regolamentazione della rivalutazione delle pensioni di cui all'art. 16 della legge n. 576/1980. Infatti, spiega il Collegio, la rivalutazione della prestazione pensionistica è componente della determinazione dell'importo dovuto.
Neppure, prosegue la sentenza, sussistono ragioni logiche o giuridiche che inducano a negare che la regolamentazione dei criteri di rivalutazione non incidano sulla concreta determinazione dell'importo non solo della singola pensione, ma anche dell'intera spesa pensionistica gravante sulla Cassa. Anzi tale considerazione è di estrema rilevanza avendo riguardo alla finalità della garanzia dell'equilibrio di bilancio che è il principale limite funzionale all'esercizio dei poteri regolamentari della Cassa.
Cass., sezione lavoro, sent. n. 3461/2018