Avv. Paolo Accoti - La II sezione civile della Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 2956, pubblicata in data 7 Febbraio 2018, con un articolato e persuasivo ragionamento statuisce come la rinuncia al chiesto - e ammesso - interrogatorio formale non è subordinata all'accettazione da parte dell'interrogando e neppure delle eventuali altre parti.
Rinuncia all'interrogatorio formale: le tesi
La medesima Corte in precedenza, con decisioni risalenti nel tempo (Cass. n. 681/1960; Cass. n. 4240/1975), aveva già avuto modo di affermare come rinuncia all'interrogatorio formale poteva risultare per fatti concludenti, in relazione al contegno tenuto dalla parte richiedente dopo l'ammissione e che, pertanto, poteva essere anche tacita, ma anche intervenire nel corso dello stesso espletamento, ferme restando le dichiarazioni già acquisite a verbale.
La Suprema Corte dà atto, tuttavia, di una tesi dottrinale contraria, che motiverebbe la necessità dell'accettazione in considerazione del fatto che, diversamente opinando, si violerebbe il principio dell'acquisizione della prova in virtù del quale le risultanze istruttorie, a prescindere dalla provenienza, concorrono senza esclusione alla formazione del convincimento del giudice.
Tuttavia, sottolinea la Corte, <<al riguardo va però detto - comunque - che questa corte (v. ad es. Cass. n. 20111 del 24/09/2014 e specificamente n. 15480 del 14/09/2012) intende tale principio come comportante soltanto l'impossibilità per le parti di disporre degli effetti delle prove ormai assunte (le quali possono giovare o nuocere all'una o all'altra parte indipendentemente da chi le abbia dedotte), non già anche l'impossibilità di rinunciare a quelle solo dedotte, salvo i casi espressamente regolati diversamente dalla legge.>>.
L'art. 245 del codice di procedura civile
A tal proposito, infatti, l'unico riferimento normativo è quello dell'art. 245 Cpc, a mente del quale la rinuncia all'escussione dei testimoni indicati non ha effetto se le altre parti non vi aderiscono e se il giudice non vi consente (II comma), che appunto concerne la diversa fattispecie dei testimoni e non quella dell'interrogatorio formale.
Tale differenza si giustifica alla luce del fatto che, nel caso dei testimoni, questi risultano estranei al giudizio, pertanto, non sono portatori di un interesse personale, peraltro, la loro audizione è subordinata alla lettura della cd. formula di impegno e all'ammonizione da parte del giudice sulle responsabilità penali nel caso di reticenza o dichiarazioni mendaci; viceversa, l'interrogando è pur sempre una delle parti in causa, il quale non è tenuto neppure tenuto ad "impegnarsi" a dire la verità.
Pertanto, <<la obiezione come sopra riepilogata non ha consistenza, essendo soltanto la parte deferente interessata all'espletamento dell'interrogatorio formale della controparte, cui può rinunciare liberamente senza necessità di assenso delle controparti o del giudice; ciò specularmente rispetto all'impossibilità per la parte di chiedere il proprio interrogatorio formale (v. Cass. n. 3641 del 09/08/1977).>>.
Anche la giurisprudenza di merito è attestata sulle stesse posizioni del giudice di legittimità atteso che <<poiché l'espletamento dell'interrogatorio formale può soltanto nuocere e mai giovare alla parte da interrogare, è ammessa la rinuncia della parte istante, all'interrogatorio già ammesso dal giudice istruttore, senza che sia necessaria l'adesione alla rinuncia ad opera del soggetto che deve essere interrogato.>> (Trib. Biella, 14/04/1998).
Da ultimo, al fine di negare la necessità dell'accettazione, è stato anche osservato che <<siccome l'interrogatorio formale è diretto a provocare la confessione giudiziale della parte cui è deferito, alla quale, dunque, lo stesso, una volta reso, può solo nuocere e mai giovare, - non avendo le dichiarazioni a se favorevoli, che l'interrogando dovesse rendere, alcuna rilevanza probatoria - se ne deve trarre la conseguenza per cui la parte, alla quale l'interrogatorio viene deferito, non abbia alcun interesse a prestarlo.>> (Trib. Napoli, 22.12.2017).
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