di Lucia Izzo - Le migliorate condizioni economiche del genitore affidatario, non determinano una proporzionale diminuzione dell'assegno di mantenimento per il figlio posto a carico dell'altro genitore: infatti, la determinazione del contributo non si fonda su una rigida comparazione della situazione patrimoniale di ciascun obbligato.
Non basta, dunque, la circostanza che la madre abbia trovato lavoro a far diminuire l'assegno di mantenimento dovuto dal padre avvocato che dichiara redditi inattendibili (più simili a quelli di un praticante che di un professionista) e che può accollarsi il mutuo per l'acquisto di una nuova abitazione.
Tanto si desume dall'ordinanza della Corte di Cassazione, sesta sezione civile, n. 3926/2018 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso di una madre.
La Corte d'appello aveva ridotto in 400 euro l'assegno mensile dovuto dal padre, avvocato civilista, per il mantenimento del figlio minore, inoltre, il giudice a quo aveva ritenuto inammissibile la domanda della donna di revisione della ripartizione delle spese straordinarie in quanto il richiamato protocollo AIAF, vigente presso il Tribunale, costituiva un atto non avente valore normativo e sconosciuto all'ufficio.
Mantenimento figli: non basta il miglioramento delle condizioni del genitore affidatario per la riduzione dell'assegno
In Cassazione, le censure della ex contro la sentenza della Corte territoriale trovano accoglimento. Gli Ermellini rilevano come il giudice di merito avesse ritenuto indimostrato il dedotto peggioramento delle condizioni economiche del padre, rilevando l'inattendibilità delle dichiarazioni dei redditi da lui presentate, più consone a quelle di un praticante avvocato che a un professionista di 49 anni.
Ancora, i giudici avevano rilevato come l'uomo avesse anche acquistato un appartamento più costoso di quello posseduto, con possibilità, dunque, di accollo del relativo mutuo. Ancora, la Corte ha dato atto delle maggiori esigenze del figlio ormai adolescente e del tempo di permanenza con il padre.
Nonostante tutto quanto su esposto, la Corte ha disposto la riduzione dell'assegno in favore del minore, sulla scorta delle migliorate condizioni della madre, prima disoccupata e ora titolare di reddito da lavoro dipendente, in dichiarata applicazione del principio di cui alla sentenza n. 18538/2013 della Cassazione. Tuttavia, i giudici del Palazzaccio ritengono che tale motivazione sia manifestamente contraddittoria, in quanto le conclusioni non appaiono affatto coerenti con le premesse poste.
Inoltre, i giudici sarebbero incorsi, al contempo, nella falsa applicazione del condivisibile principio da loro stessi richiamato, secondo cui: la determinazione del contributo che per legge grava su ciascun genitore per il mantenimento l'educazione e l'istruzione della prole, non si fonda su una rigida comparazione della situazione patrimoniale di ciascun obbligato e, pertanto, le maggiori potenzialità economiche del genitore affidatario concorrono a garantire al minore un migliore soddisfacimento delle sue esigenze di vita, ma non comportano una proporzionale diminuzione del contributo posto a carico dell'altro genitore.
Fondati sono anche i motivi con cui si deduce l'omessa pronuncia sulla richiesta di regolamentazione delle spese straordinarie a carattere più liquido: la circostanza che l'invocato protocollo AIAF, vigente presso il Tribunale per la ripartizione tra i genitori delle spese straordinarie, fosse un atto non normativo a lei ignoto, non esime la Corte dal valutare, secondo parametri confacenti, la domanda avanzata dalla madre di modificare la distribuzione delle spese straordinarie tra i genitori.
Cass., VI civ., ord. n. 3926/2018• Foto: 123rf.com