di Lucia Izzo - Non integra il reato previsto dall'art. 4 della legge n. 895/67 (disposizioni per il controllo delle armi) il comportamento di colui che gira con una bomboletta di spray al peperoncino: quest'ultima, infatti, non è un'arma da guerra, e neppure chimica, bensì un'arma non (più) comune da sparo o di altro tipo per il cui porto non è ammessa la licenza ex articolo 699 del codice penale.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, prima sezione penale, nella sentenza n. 8624/2018 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso del P.M. contro la sentenza che aveva assolto un uomo, imputato del reato ex art. 4, L. n. 895/1967.
La vicenda
L'imputato aveva portato in luogo pubblico una bomboletta spray contenente gas urticante al peperoncino contenente una soluzione irritante lacrimogena a base di oleoresin capsicum e con una gittata non conforme al d.m. 12 maggio 2011, n. 103.
L'inosservanza tecnica portava il Tribunale a riqualificare il reato nella fattispecie di cui all'art. 699, secondo comma, c.p. ritenuto non punibile per particolare tenuità del fatto stante la particolare tenuità dell'offesa, in relazione alla considerazione della reversibilità in tempi brevi dell'effetto urticante potenzialmente arrecabile con l'impiego della bomboletta spray in oggetto, al rilievo che l'agente era soggetto incensurato e all'assunto secondo cui non ostava la cornice edittale del reato commesso.
Il Procuratore generale si duole, tuttavia, che il giudice a quo non abbia ritenuto la bomboletta in oggetto un'arma comune da sparo per non essere idonea a espellere un proiettile, ponendosi, così, in contrasto con l'affermata definizione delle armi ad emissione di gas qualificate come armi comuni da sparo.
Bomboletta di spray al peperoncino: in che categoria di "armi" rientra?
Gli Ermellini, in prima battuta, escludono che la bomboletta in questione, contenente soltanto spray a base di peperoncino, possa essere ricompresa nelle armi comuni da sparo, nè nelle armi da guerra o tipo guerra, per assoluta mancanza delle caratteristiche indicate nell'art. 1 legge n. 110/1975, che si riferisce, con riguardo a contenitori di gas, solo ad aggressivi chimici, biologici e radioattivi dotati di una spiccata potenzialità di offesa.
Tuttavia, quanto alle armi comuni da sparo, precisa la Corte disattendendo quanto precisato dal giudice di merito, la legge citata considera tali anche quelle a emissione di gas, salvo che la commissione consultiva di cui all'art. 6 della citata legge escluda l'attitudine a recare offesa alla persona.
E l'interpretazione della giurisprudenza ha ritenuto che, in particolare, rientrassero nelle armi comuni da sparo sia le bombolette spray contenenti gas lacrimogeno che quelle contenenti gas paralizzanti.
Per quanto riguarda, invece, le bombolette contenenti la sostanza rilevante nel caso di specie (oleoresin capsicum), il d.m. n. 103 del 2011 ha stabilito le caratteristiche tecniche che debbono possedere gli strumenti di autodifesa e, in particolare, i relativi contenitori "finalizzati a nebulizzare il principio attivo naturale a base di detta sostanza per escludere ogni loro attitudine a recare offesa alla persona".
In particolare, questi devono contenere una miscela non superiore a 20 ml, una percentuale di oleoresin capsicum disciolto non superiore al 10% e avere una gittata utile non superiore a 3 metri. Inoltre, la miscela erogata non deve contenere sostanze infiammabili, corrosive, tossiche, cancerogene o aggressivi chimici.
Nel caso di specie, invece, il contenitore repertato aveva capacità di 40 ml di sostanza contenente oleoresin capsicum, con gittata di 5 metri. Stante tale inosservanza tecnica, precisa la Cassazione, il suo porto è stato fondatamente considerato antigiuridico e, tuttavia, sussunto sotto la fattispecie residuale contravvenzionale di cui all'art. 699 del codice penale e non, invece, del delitto previsto dall'articolo 4 della legge 895/67.
Stante il descritto inquadramento, con la necessaria puntualizzazione, la Cassazione condivide la decisione del giudice di merito secondo e ritiene corretta la riqualificazione giuridica della fattispecie, stante la potenzialità lesiva della bomboletta determinata dal mancato rispetto delle prescritte caratteristiche tecniche: pertanto, non può essere censurata la declaratoria di non punibilità conseguentemente emessa, ex art. 131-bis c.p. in relazione alla pena comminata al contravventore dall'art. 699 del codice penale.
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