di Valeria Zeppilli - L'articolo 360-bis del codice di procedura civile è un articolo molto temuto dagli avvocati, posto che in esso sono individuate le ipotesi che rendono inammissibile il ricorso in cassazione.
Nel dettaglio, in forza di quanto statuito da tale norma, la declaratoria di inammissibilità si ha quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l'esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l'orientamento della stessa e quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei princìpi che regolano il giusto processo.
Con riferimento alla prima delle due predette ipotesi, che è quella più frequente, un interessante spunto di riflessione per tutti gli avvocati che si apprestano a redigere un ricorso in sede di legittimità è stato di recente fornito dalla sentenza numero 4366/2018 della Corte di cassazione (qui sotto allegata).
Precedente unico e remoto
Tale pronuncia, infatti, ha chiarito che anche la presenza di un solo e remoto precedente di legittimità, purché esso sia univoco e chiaro, è idonea a far ritenere la sussistenza di un orientamento interpretativo che può qualificarsi consolidato. Infatti, per i giudici, non può non darsi rilevanza al fatto che l'unicità di un vecchio orientamento denota che non si è mai apprezzata la necessità di rimetterlo in discussione.
Funzione del filtro
Di conseguenza, ove nel ricorso manchino delle valide critiche al solo e risalente precedente al quale si sia ispirata la sentenza gravata, il ricorso stesso deve essere dichiarato inammissibile. Del resto, la funzione di filtro dell'articolo 360-bis del codice di rito consiste proprio «nell'esonerare la Suprema Corte dall'esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi "inconsistenti"».
Corte di cassazione testo sentenza numero 4366/2018• Foto: 123rf.com