Per la Cassazione la ricevuta di avvenuta consegna è documento idoneo a dimostrare che il messaggio è pervenuto alla Pec del destinatario

di Lucia Izzo - La locuzione "luogo e data dell'invio", apposta su un documento informatico costituito dalla parte, potrà assumere valore certificante dell'avvenuta notifica a mezzo PEC? Sul punto si è espressa la Corte di di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 4789/2018 (qui sotto allegata), pronunciandosi sul ricorso di una società.

La vicenda

La s.r.l. impugna la sentenza della Corte d'Appello che aveva rigettato il suo reclamo, proposto ex art. 18 L.F., avverso la mancata ammissione al concordato preventivo, seguita da dichiarazione di fallimento.


Tuttavia, l'impugnazione veniva dichiarata inammissibile ex art. 331 c.p.c. in quanto la società aveva omesso di notificare il reclamo al P.G. ed entro il termine impartito non aveva neppure assolto all'ordine di integrazione del contraddittorio verso tale organo, ufficio promotore del fallimento.


In Cassazione, la società deduce, in unico motivo, l'erroneità della sentenza ove ha negato che la locuzione "luogo e data dell'invio", apposta sul documento informatico costituito dalla parte, non corrispondesse altresì alla ricezione, in pari data, della notifica telematica alla Procura generale, raggiunta con lo stesso atto e dunque nel fissato termine di integrazione del contraddittorio, come comprovato dalla relata di notifica a mezzo PEC e dai messaggi di invio, accettazione e consegna dell'atto notificato ex L. n. 53/1994.

Cassazione: la locuzione "data e luogo dell'invio" può certificare la notifica

Una doglianza che gli Ermellini ritengono fondata: ha sbagliato la Corte d'Appello a escludere che la locuzione "data e luogo dell'invio", ritenuta isolata dal contesto della più complessa attività notificatoria attuata dalla parte, potesse assumere valore certificante l'avvenuta notifica, entro la data impartita ex art. 331 c.p.c., della integrazione del contraddittorio alla parte pubblica.


Appare corretta, invece, la sequenza notificatoria adottata dalla reclamante che la Cassazione ripercorre nei suoi passaggi salienti: questa è iniziata nel rispetto dell'art. 147 c.p.c. con il c.d. invio del messaggio alla PEC della PG presso la Corte d'appello, con oggetto la predetta ordinanza, la procura difensiva, il reclamo ex art.18 L.F.; la relata di notifica ex art. 3 L. n. 53/1994 è stata poi seguita da ricevuta di accettazione (RA) e, infine, è stata chiusa con la ricevuta di avvenuta consegna (RAC) accertativa della avvenuta consegna del messaggio nella casella di destinazione.


Si tratta di adempimenti, evidenziano gli Ermellini, tutti svolti nella stessa giornata e, da un canto, conformi al termine dato per integrare il contraddittorio e, dall'altro, coerentemente documentati mediante deposito telematico delle ricevute di accettazione e di consegna in formato «.eml», mentre l'estratto polisweb in un primo tempo ne ha riferito l'inserimento nel fascicolo informatico e poi con la scansione per immagine ha provato ulteriore documentazione.


Pertanto, i giudici di Cassazione rammentano il principio per cui "in tema di notifiche telematiche nei procedimenti civili [...] la ricevuta di avvenuta consegna (RAC), rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario".


Tuttavia, prosegue il Collegio, quest'ultima ricevuta non assurge a quella "certezza pubblica" propria degli atti facenti fede fino a querela di falso, atteso che, da un lato, atti dotati di siffatta speciale efficacia, incidendo sulle libertà costituzionali e sull'autonomia privata, costituiscono un numero chiuso e non sono suscettibili di estensione analogica e, dall'altro, l'art. 16 del d.m. n. 44/2011 si esprime in termini di "opponibilità" ai terzi ovvero di semplice "prova" dell'avvenuta consegna del messaggio.


Ciò tanto più che le attestazioni rilasciate dal gestore del servizio di posta elettronica certificata, a differenza di quelle apposte sull'avviso di ricevimento dall'agente postale nelle notifiche a mezzo posta, aventi fede privilegiata, non si fondano su un'attività allo stesso delegata dall'ufficiale giudiziario (cfr. Cass. 15035/2016).


L'art. 3-bis della legge 53/1994, rammenta la Corte prevede che la notificazione con modalità telematica si esegua a mezzo PEC all'indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.

La notificazione potrà essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di PEC del notificante risultante da pubblici elenchi e mediante allegazione dell'atto da notificarsi al messaggio di posta elettronica certificata.

Il perfezionamento della notifica avviene, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall'articolo 6, comma 1, del d.P.R. n. 68/2005 e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall'articolo 6, comma 2, del medesimo d.P.R.


Nel caso di specie, la sentenza impugnata non ha dubitato della portata probatoria degli atti, ma si è limitata - erroneamente - a non considerare le parti di essi ulteriori rispetto a quelle iniziali, corrispondenti al mero avvio della notifica telematica, così incorrendo in vizio che impone la cassazione del conseguente provvedimento.


Cass., VI civ., ord. n. 4789/2018

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