A me è capitato in un Comune della Provincia di Macerata, Pollenza, oltre che in occasione di vari convegni svolti in giro per l'Italia.
Non ho potuto fare a meno, prima di affrontare lo scoglio del raccontare una legge a dei bambini di circa dieci anni, di ricordare l'importanza, per poter vivere insieme, del rispetto e della condivisione delle regole.
Le regole servono a tutelare sicurezza, salute, buona convivenza e altri fattori indispensabili per vivere bene in comunità ed in armonia.
A fronte della diffusione di un fenomeno come il cyberbullismo appare, infatti, ineludibile ed urgente l'educazione dei ragazzini, i c.d. nativi digitali, all'utilizzo consapevole e responsabile dei mezzi di aggregazione virtuale, ponendo fine, o quanto meno un argine, a quella sensazione di sostanziale impunità che permea le operazioni che si compiono su Internet in una incredibile alternanza dei ruoli di vittima-carnefice, impunità derivante, come vedremo anche nei prossimi articoli, da molteplici fattori.
Il 13 giugno 2014 Laura Tirloni, ottima penna di questo Quotidiano giuridico online, grande esperta di tali tematiche... forti e psicoterapeuta a Milano, su queste stesse colonne così definiva il cyberbullismo, prima ancora dello strutturarsi del progetto di legge, nell'intervento intitolato Cyberbullismo: caratteristiche di un fenomeno nell'era digitale:
"Il cyberbullismo è una forma di violenza psicologica e di prevaricazione, attuata attraverso i social media, i blog, le chat e il web in generale.
Si può manifestare attraverso una serie di atti che vanno dai pettegolezzi e discrediti diffusi on line, alle minacce e offese attraverso messaggi sul cellulare, via e-mail o attraverso il web, fino alla diffusione di post con informazioni, video e foto (reali o false), che risultino imbarazzanti per la vittima.
Oppure, rubando l'identità o il profilo "social" del soggetto bersaglio, il bullo può diffondere materiale col preciso scopo di danneggiarne la reputazione.
Nel cyberbullismo, a differenza del bullismo tradizionale, il persecutore spesso si nasconde dietro l'anonimato (nick name o falsa identità) così da non essere facilmente identificabile. Il fatto che esista una barriera virtuale tra carnefice e vittima, fa sì che il bullo si senta ancora più potente e protetto dalle reazioni emotive "a caldo" della vittima, che sarebbero invece tangibili in un contesto reale. La barriera virtuale abbassa i freni morali e le inibizioni del bullo, e lo porta a considerare i propri atti alla stregua di un gioco virtuale."
1. L'anonimato e la protezione dello schermo di uno smartphone
2. Collaborazione scuola-famiglia nella nuova legge sul cyberbullismo
3. Il passaggio di conoscenze tra pari
4. Competenze del dirigente scolastico
5. I contesti in cui nasce il cyberbullismo
L'anonimato
In primo luogo, è l'anonimato (il nickname) a fungere da corazza dietro la quale all'apparenza si può impunemente compiere qualunque azione, anche la più turpe e meschina.
In secondo luogo, è la protezione dello schermo di uno smartphone o di un pc, purtroppo, a giocare un ruolo perverso: nel mondo fisico uno ci mette, per così dire, la faccia, mentre apporre un like sulla pagina di un social network appare un'operazione innocua, anche se si sta praticando una pesante denigrazione, un autentico pestaggio mediatico o comunque un'offesa incisiva della vittima.
Collaborazione scuola-famiglia
La collaborazione tra la scuola e la famiglia assume, dunque, un ruolo fondamentale e da protagonista per la Legge 29 maggio 2017, n. 71, che - per la prima volta - cerca di disciplinare il (nuovo) reato di cyberbullismo e di imprimergli una tipizzazione.
La normativa del legislatore del 2017 ricerca un opportuno punto di equilibrio tra i due momenti strutturali della prevenzione e della repressione.
Parte da questo punto fondamentale la strategia d'intervento ricercata dal nostro nomoteta.
Prima ancora delle istanze di carattere punitivo in ambito normativo si mira alla ricucitura del tessuto sociale lacerato dalla condotta offensiva.
Il passaggio di conoscenze tra pari
Al centro del sistema vi è, quindi, la responsabilizzazione di base, l'attività di peer education, vale a dire quella strategia rivolta ad attivare un processo spontaneo di passaggio di conoscenze da parte di membri di pari status.
E, poi, è il trionfo della circolarità e del lavoro di rete, della condivisione delle buone prassi e la loro esportazione da un territorio all'altro; per i giuristi si tratta di dinamiche assai ricorrenti nel settore della giustizia minorile.
Siamo, infatti, al crocevia fra scienze e saperi differenti.
Competenze del dirigente scolastico
Non a caso all'art. 5 della Legge 29 maggio 2017, n. 71, sotto l'intitolazione che si apre con l'"Informativa alle famiglie", si impone al dirigente scolastico che venga a conoscenza di atti di cyberbullismo di informarne tempestivamente i soggetti esercenti la potestà genitoriale ovvero i tutori dei minori coinvolti.
Il dirigente scolastico dovrà attivare "adeguate azioni di carattere educativo".
I regolamenti delle istituzioni scolastiche dovranno essere integrati con riferimenti specifici a condotte di cyberbullismo con le "relative sanzioni disciplinari commisurate alla gravità degli atti compiuti".
I contesti in cui nasce il cyberbullismo
Quali sono i contesti in cui nascono le condotte di cyberbullismo?
In primo luogo, i contesti di aggregazione sociale come la scuola, il gruppo degli amici, i gruppi di WhatsApp, i social media in genere.
Con la differenza che i like sui profili Facebook rimangono pietrificati a dimostrare il fallimento morale della vittima e con il meccanismo delle condivisioni all'infinito, neppure gli autori delle condotte possono più controllarne la diffusione.
Qualche esempio di atti di cyberbullismo servirà ad inquadrare lo scenario in cui ci muoviamo.
"Martina si sta riprendendo ma resterà menomata mentalmente e fisicamente a vita, l'eliminatoria continua": questo... contenuto si riferisce ad un caso vero in cui un'adolescente ha già tentato il suicidio su istigazione della rete. Si noti l'utilizzo del vocabolo "eliminatoria" che riecheggia un programma televisivo in cui vince chi rimane sulla scena.
Un altro... contenuto magnanimo annuncia coram populo che verrà picchiato un "cicciobombo" per "fargli perdere peso a suon di mazzate", segue emoticon di risata.
Così chi scrive sul social network si rivolge alla vittima.
Perché lo fa l'autore del post?
"Perché è grasso ed è un rifiuto della società questo immigrato di m.......".
Osservatorio scioccante sulla natura umana con un pensiero che fugace e rapido corre automaticamente a Fedor Dostoevskij, grande romanziere russo autore, tra le altre, immortali opere, di "Memorie del sottoscuolo", 1^ edizione nel 1864: il cupo monologo è il racconto in prima persona in cui confessa alcune sordide azioni compiute nella sua vita: il pozzo nero della coscienza.
Il senso di inadeguatezza, nei confronti dei colleghi in particolare, porta ad azioni indegne anche una persona "istruita" e "a modo" come lui, sprofondando in una realtà profondamente abietta.
(fine prima parte-continua)