di Daniela D'Adamo - Le complesse dinamiche relative ad i rapporti tra pubblica amministrazione, cittadino e sindacato del giudice sulla legittimità degli atti dell'amministrazione stessa, tendono da alcuni decenni a viaggiare nella medesima direzione. Il venir meno del postulato in virtù del quale vi sarebbe un'assoluta presunzione di legittimità dei provvedimenti emanati dai pubblici poteri, e l'idea di un sindacato effettivo sull'attività della pubblica amministrazione ha reso possibile una metamorfosi nel rapporto tra cittadini e amministrazione. Il venir meno dell'assoluta posizione di supremazia degli organi amministrativi si è registrata anche sul fronte dell'ampliamento del sindacato giudiziale sui poteri della pubblica amministrazione, un sindacato che potesse risultare realmente funzionale a rendere satisfattivi i ricorsi dei privati. In particolare si è passati da una giurisdizione di legittimità di pura legalità ad un sistema in cui il giudice amministrativo pone il suo sindacato sull'effettivo rapporto intercorrente tra amministrazione e cittadino: si passa da un sistema meramente caducatorio-impugnatorio ad uno in cui il processo è realmente volto a ponderare la posizione sostanziale del privato.
In un'ottica di questo tipo assumono, come è evidente, preminente valore le istanze di effettività della tutela e di giusto processo consacrate dalla nostra Carta costituzionale. In particolare, gli artt. 103, 24 e 111 impongono una reale, e non meramente astratta, valorizzazione degli interessi legittimi quali posizioni giuridiche realmente meritevoli di tutela, una tutela effettiva e piena, che possa garantire ai soggetti privati e pubblici, un armamentario di tutele realmente funzionali al soddisfacimento delle pretese annesse alle posizioni giuridiche in esame.
L'evoluzione nella tutela degli interessi legittimi
Un passo decisamente importante in questa direzione, è stato consacrato dalla storica pronuncia n. 500 del '99 delle Sezioni Unite, nella quale si supera il principio della irrisarcibilità degli interessi legittimi (fondato su una restrittiva lettura di danno ingiusto dell'art. 2043 c.c. e sulla menzione dei soli diritti soggettivi nell'art. 28 Cost.), valorizzando la necessità di attribuire agli interessi legittimi effettiva tutela giuridica, anche sul piano risarcitorio.
L'ampliamento delle forme di tutela nei confronti degli interessi legittimi, se è stata una evidente conquista da un punto di vista della valorizzazione del principio dell'effettività della tutela nei rapporti tra cittadini, pubblica amministrazione e giudice, ha posto dei dirimenti problemi sia di natura sostanziale che processuale.
Per quanto concerne questa disamina, una delle problematiche più rilevanti è stata quella relativa alle caratteristiche che debba assumere la posizione giuridica del privato e la correlativa azione risarcitoria nelle ipotesi nelle quali si sia al cospetto non di poteri vincolati ma discrezionali in capo al potere amministrativo, in cui sussistono ulteriori margini di esercizio di potere autoritativo, di stampo valutativo e afferente il merito. Infatti, mentre in caso di attività vincolata il giudice ha la possibilità di ponderare l'effettiva spettanza del bene della vita finale in capo al privato (sempre ai fini della formulazione del giudizio risarcitorio) effettuando un giudizio prognostico ad esito certo su come la pubblica amministrazione avrebbe dovuto esercitare il suo potere (nel rispetto di tutti i parametri di legittimità), nelle ipotesi in cui si sia al cospetto di margini di discrezionalità amministrativa diventa difficile effettuare un giudizio di spettanza funzionale a determinare l'an ed il quantum del risarcimento. In questi casi, infatti, pur di fronte alla eventuale violazione di una regola di legittimità, non si può pervenire alla conclusione (in termini prognostici ed ipotetici) che se l'autorità amministrativa avesse rispettato i parametri violati, la controparte avrebbe visto il soddisfacimento delle istanze connesse alla sua posizione giuridica.La risarcibilità degli interessi legittimi
L'aspetto appena illustrato è stato anch'esso uno degli elementi che ha determinato un ritardo nella affermazione della risarcibilità degli interessi legittimi: la problematica della determinazione e quantificazione del risarcimento al cospetto del merito amministrativo, determina un intreccio tra i discorsi in esame, e la inviolabilità del merito da parte del giudice amministrativo (salvo nelle ipotesi espressamente indicate dalla legge).
Una parte della dottrina ha affermato, fin dai tempi immediatamente successivi alla pronuncia del '99, che in ipotesi di questo tipo non sarebbe possibile alcun tipo di giudizio di spettanza del bene della vita al privato, e sarebbe, di conseguenza precluso il giudizio sul risarcimento del danno, fino ad un eventuale successivo riesercizio del potere amministrativo che attribuisca il bene della vita. In tale circostanza quindi, vi potrebbe essere il risarcimento, determinato dal ritardo nell'attribuzione da parte della pubblica amministrazione del provvedimento consacrante il bene della vita. Evidente è come una ricostruzione di questo tipo limita enormemente le possibilità di tutela del privato, frustrando il principio di effettività cui prima si faceva riferimento.
La risarcibilità della chance come autonoma posizione giuridica
Nasce così l'idea che il risarcimento, in caso di sussistenza di potere discrezionale, possa essere subordinato alla sussistenza di effettive chance di conseguimento del bene della vita. Fin da subito è parso evidente come la chance fosse composta da due elementi fondamentali: da un lato essa determina un giudizio prognostico, di stampo probabilistico, funzionale a valutare quante possibilità il ricorrente abbia (sulla base di tutte le risultanze probatorie) di ottenere il bene della vita cui aspira, da un altro essa consiste in un bene giuridico a sé stante autonomamente tutelabile. La chance è dunque un bene giuridico presente nel patrimonio del danneggiato e leso dall'attività illegittima dell'amministrazione, preesistente al suo agire, e diverso ed indipendente dal bene della vita.
Il tema della risarcibilità della chance come autonoma posizione giuridica (riconosciuta in via giurisprudenziale), è stato subito oggetto di varie polemiche in dottrina. Ciò che è parso fin da subito difficile da concepire è stata l'idea che un'evanescente esclusiva possibilità di ottenere un determinato bene, fungesse da autonomo bene giuridico risarcibile in quanto tale. Peraltro, l'aspetto evidenziato come maggiormente critico nell'ambito della tutela delle chance è stato quello di considerare interesse tutelabile ciò che funge da componente del nesso di causalità, ovvero la percentuale di probabilità che il soggetto possa vedere il soddisfacimento della propria pretesa. Altro aspetto critico evidenziato è stato quello in virtù del quale si è sostenuto che difficilmente un giudice che non può invadere il merito amministrativo, potrà avere validi strumenti per ponderare possibilità precise ed effettive di spettanza del bene della vita. Taluno ha quindi sostenuto che, per la sua indeterminatezza (stante peraltro la difficoltà di individuare una percentuale "base" uguale in tutte le situazioni) la chance fosse nient'altro che una mera aspettativa di fatto. In particolare essa sarebbe l'escamotage volto ad attribuire dignità giuridica ad aspetti meramente fattuali, in funzione di una (seppur pregevole) necessità di attribuire una tutela piena ed effettiva agli interessi legittimi, al cospetto di un'attività pienamente discrezionale.
Taluno in dottrina ha poi sostenuto, pur di non ammettere che la chance avesse natura di posizione giuridica autonoma, che la stessa potesse qualificarsi come lucro cessante futuro, risarcibile purchè vi siano notevoli possibilità di ottenere il bene della vita. Nonostante le difficoltà emerse, il Consiglio di Stato ha affermato in numerose pronunce (tra cui una del 2006 e una più recente, in materia di appalti del 2015) che subordinare il risarcimento degli interessi legittimi alla valutazione in termini di certezza di spettanza del bene della vita frustrerebbe radicalmente le esigenze di effettività della tutela, e che dunque non è necessario a tal fine attendere l'esito di una eventuale (ove possibile) rinnovazione del procedimento amministrativo. La chance è un bene giuridico autonomo diverso e diversamente quantificabile, in termini risarcitori, rispetto al bene della vita.
Vi è da sottolineare che problematiche inerenti all'applicazione del paradigma della chance sono sorte anche in riferimento all'ipotesi in cui faccia capo all'amministrazione non un potere discrezionale puro ma la cd. discrezionalità tecnica. Evidente risulta come a seconda di quanto si reputi possa essere penetrante ed intrinseco il sindacato del giudice in circostanze di questo tipo, diversamente si inquadrerà la possibilità di far riferimento, anche nell'ambito della discrezionalità tecnica alla tutela delle chance. Nonostante si sia ormai abbondantemente superata l'idea che la medesima sia afferente al merito amministrativo, da più parti (sia in dottrina che in giurisprudenza) si ritiene che il sindacato in questo ambito possa essere solo di natura estrinseca. In tale evenienza il giudice non potrà effettuare un giudizio prognostico di spettanza del bene della vita ma potrà solo valutare la logicità e la correttezza in termini formali dell'attività svolta dall'amministrazione, ergo ben potrà considerarsi la possibilità di applicare il meccanismo delle chance anche alle ipotesi di valutazioni di tipo tecnico. Se invece si reputa il sindacato del giudice in materia di tipo intrinseco si riterrà che egli potrà (soprattutto mediante la consulenza tecnica) verificare in sede giudiziale l'effettiva spettanza del bene della vita, e quindi, risarcire la mancata attribuzione di quest'ultimo.
Chance e interessi oppositivi
Altra questione legata alla risarcibilità della chance quale bene giuridico autonomo è stata quella relativa alla sua configurabilità con riferimento agli interessi oppositivi. Se infatti risulta decisamente evidente il meccanismo con cui essa prende forma rispetto a quelli pretensivi (in questo caso la chance si atteggia alla probabilità che venisse soddisfatta la propria pretesa), gli interessi oppositivi presentano un dato peculiare: il bene della vita esisteva già ed è stato sottratto al privato dall'agere amministrativo. Sulla scorta di tale dato, inizialmente parte della dottrina sosteneva una sorta di "iper protezione" degli interessi oppositivi, sostenendo che rispetto agli stessi non fosse necessario appurare la sussistenza del nesso di causalità tra il provvedimento illegittimo ed il danno, essendo esso in re ipsa: il fatto che la pubblica amministrazione avesse violato la legalità sottraendo il bene implicava che lo stesso dovesse rimanere nel patrimonio del privato; il giudizio di spettanza sarebbe stato dunque intuitivo. Tale tesi è stata successivamente superata, e in particolare, il Consiglio di Stato ha affermato che, ove l'attività amministrativa sia comunque discrezionale non può fondarsi un automatico giudizio di spettanza. Anche rispetto agli interessi oppositivi sarà dunque risarcibile la chance quale bene autonomo consistente nelle probabilità che il ricorrente avrebbe avuto di conservare il bene se la pubblica amministrazione non avesse agito illegittimamente.
È evidente come la tutela delle chance rischi di prestare il fianco ad incertezze in termini di quantificazione della percentuale di probabilità che il soggetto possa veder soddisfatta la propria posizione. Il pericolo è quello di qualificare come beni giuridici autonomi mere "possibilità" ed aspettative di fatto estremamente aleatorie ed indeterminate. A tal fine il Consiglio di Stato ha affermato che, affinchè la chance sia autonomamente risarcibile deve avere i caratteri della concretezza, e, a tal fine, essa dovrà essere quantificabile in termini di probabilità superiori al 50%. Tale valutazione verrà effettuata sulla base dell'integrale materiale probatorio mediante un giudizio ex ante, sulla base dell'ordinario andamento degli eventi. Bisognerà quindi valutare che in relazione alle condizioni precedenti all'azione amministrativa, secondo l'id quorum plerumque accidit, il soggetto avrebbe ottenuto il bene della vita in una percentuale superiore al 50 per cento.
L'onere probatorio
La natura del giudizio risarcitorio concernente la chance si riflette altresì sull'onere probatorio. Accogliendo il prevalente orientamento, che considera la responsabilità della pubblica amministrazione come extracontrattuale, risulta evidente come sul ricorrente gravi l'onere di allegare e provare il danno- conseguenza subìto. Quest'ultimo, chiaramente, non avrà quale presupposto il mancato ottenimento del bene della vita, ma la possibilità del suo ottenimento. Evidente è dunque come l'onere probatorio sia meno gravoso allorquando il bene giuridico oggetto del risarcimento sia propriamente la chance (diverso sarà in tal senso dover allegare e dimostrare, in una gara d'appalto dichiarata illegittima, la spettanza del bene-vita "aggiudicazione", dal dover provare la sussistenza di serie ed importanti possibilità che, qualora la gara si fosse svolta legittimamente, il ricorrente avrebbe acquisito il diritto alla stipula del contratto d'appalto). Trattandosi di responsabilità extracontrattuale graverà sul ricorrente la prova degli altri elementi che sorreggono l'illecito aquiliano: in primis la sussistenza del nesso di causalità (anche in via presuntiva, trattandosi di un danno fondato su delle probabilità in termini percentuali) tra la condotta lesiva e la ragionevole probabilità che il soggetto avrebbe conseguito il bene qualora l'illegittimità non vi fosse stata, nonché l'elemento soggettivo, fondato sul mancato rispetto dei principi di imparzialità, ragionevolezza e correttezza dell'agere amministrativo.
La tutela risarcitoria delle chance negli appalti
La tutela risarcitoria delle chance quali beni giuridici autonomamente meritevoli di tutela assume connotati particolarmente rilevanti nell'ambito delle procedure di evidenza pubblica, che precedono la stipula del contratto d'appalto. In tale ambito, infatti, in caso di illegittimità delle procedure, ci si trova davanti ad interessi pretensivi (di chi vantava la possibilità di ottenere l'aggiudicazione) e allo stesso tempo, ad un'attività connotata da discrezionalità amministrativa. Prima dell'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, l'art. 245 quinquies del codice dei contratti pubblici aveva dato adito a numerose perplessità, in quanto lo stesso escludeva testualmente la possibilità di ricorrere a forme risarcitorie se non nell'ipotesi di sussistenza di un vanto concernente l'aggiudicazione vera e propria. Ergo tale fattispecie pareva non comprendere in assoluto il risarcimento per perdita di chance, ma anche quello concernente il ritardo nelle procedure da parte della pubblica amministrazione; questo aveva mosso numerose voci tra i commentatori, i quali sostenevano l'assoluta incostituzionalità di tale disciplina, palesemente contrastante con gli artt. 24, 103 e 113 Cost., nonché con l'art.3, poiché un sistema di questo tipo, escludeva di ricorrere alla tutela risarcitoria delle chance solo nel settore in cui essa pare essere più utile: quella degli appalti. A tale inconveniente ha posto risoluzione il codice del processo amministrativo, che all'art. 124 ha eliminato il testuale riferimento alla natura aggiudicatoria del ricorso, determinando di conseguenza, la possibilità di ricorrere al giudice anche quando, a fronte di attività discrezionale, il privato possa vantare esclusivamente la mera possibilità probabilistica di ottenere il bene della vita.
La tematica finora analizzata intreccia aspetti concernenti il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadino e profili relativi al tipo e all'estensione del sindacato del giudice nei confronti dell'attività degli organi pubblicistici. L'aver ammesso nel nostro ordinamento una tutela di stampo risarcitorio anche a fronte dell'aleatorietà dell'attività discrezionale della pubblica amministrazione, è il segno ineludibile del tentativo degli ultimi decenni di aprire la strada ad una gamma sempre più vasta di strumenti di tutela a favore del cittadino, al fine di rendere realmente effettiva la possibilità di far valere le proprie ragioni davanti alla pubblica amministrazione. L'altra faccia della medaglia, con riferimento alla tutela delle chance è però quella che attiene al rischio di dar vita a fenomeni eccessivamente aleatori ed indeterminati di tutela giurisdizionale. Proprio per questo lo sforzo posto in essere da parte dei giudici amministrativi è stato quello di individuare requisiti ben precisi dello strumento in esame, al fine di rendere ben evidente la differenza tra la tutela di mere posizioni di fatto e quella concernente situazioni meritevoli di protezione da parte dell'ordinamento.
Daniela d'Adamo
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