di Valeria Zeppilli - L'aspirante avvocato che si fa aiutare da alcuni pubblici ufficiali durante le prove di esame per l'accesso alla professione forense ma, nonostante ciò, non riesce a superarle, concorre con questi nel reato di tentato abuso di ufficio.
Recentemente, tale condanna è stata confermata in capo a una ragazza dalla Corte di cassazione con la sentenza numero 10567/2018 (qui sotto allegata): i pubblici ufficiali avevano posto in essere atti idonei, diretti in modo non equivoco, a procurare alla praticante un ingiusto vantaggio patrimoniale e non erano riusciti nell'intento per cause indipendenti dalla propria volontà; la praticante aveva concorso quale extraneus alle condotte in esecuzione del medesimo disegno criminoso.
La vicenda
In particolare, la candidata si era rivolta a una cancelliera del tribunale di sorveglianza, chiamata a vigilare sul corretto espletamento delle prove scritte, ricevendo dalla stessa e da sua sorella dei documenti preziosi per lo svolgimento dell'esame, che però si erano rivelati inutili ai fini del raggiungimento dell'obiettivo.
Lo scambio dei documenti era avvenuto nei bagni della sede di svolgimento delle prove ma le donne erano state incastrate da alcune intercettazioni telefoniche che si riferivano alla vicenda.
Intercettazioni telefoniche
Proprio su tale ultimo aspetto, la sentenza merita un particolare e ulteriore approfondimento.
La difesa dall'aspirante avvocato, infatti, aveva tentato di rilevare l'inutilizzabilità di tali prove, considerato che le stesse erano state utilizzate in un procedimento penale differente rispetto a quello per il quale erano state originariamente disposte.
La Cassazione, respingendo tale argomento, ha quindi avuto modo di precisare che "i risultati delle intercettazioni telefoniche legittimamente acquisiti nell'ambito di un procedimento penale inizialmente unitario sono utilizzabili anche nel caso in cui il procedimento sia successivamente frazionato a causa della eterogeneità delle ipotesi di reato e dei soggetti indagati". In tal caso, infatti, non trova applicazione l'articolo 270 c.p.p., che presuppone la sussistenza di procedimenti originariamente distinti.
Per i giudici, in sostanza, non è possibile invocare tale norma "ove, nel corso di intercettazioni legittimamente autorizzate, emergano elementi di prova relativi ad altro reato, pur totalmente svincolato da quello per il quale l'autorizzazione è stata debitamente rilasciata".
Corte di cassazione testo sentenza numero 10567/2018• Foto: 123rf.com