di Valeria Zeppilli - L'obbligo informativo del quale è gravato il medico nello svolgimento della propria attività professionale deve essere adempiuto con un linguaggio adeguato alle conoscenze e allo stato soggettivo del paziente destinatario dell'informazione, ovverosia senza far ricorso a tecnicismi o utilizzare un linguaggio criptico.
Con la sentenza numero 6688/2018 qui sotto allegata, la Corte di cassazione ha infatti ritenuto incompleta, e quindi lesiva del diritto del paziente al pari di un'informazione assente, l'informazione che non illustra le caratteristiche di gravità o di rischio di gravità di quanto riscontrato da un esame diagnostico al quale si è sottoposto l'assistito e che non segnala la presenza di un'eventuale urgenza in modo specifico e ben percepibile dall'interlocutore.
Il medico deve tradurre la diagnosi
Partendo dal presupposto che l'obbligo informativo del medico sussiste pienamente sin dagli esiti degli accertamenti diagnostici, i giudici hanno insomma chiarito che esso va adempiuto traducendo la diagnosi "a livello di conoscenza scientifica del paziente" sia per quanto riguarda il suo intrinseco significato, sia per quanto riguarda i limiti temporali entro i quali sottoporsi a ulteriori accertamenti o a trattamenti terapeutici, mentre non può ridursi a una "illustrazione tecnica e atemporale".
In caso contrario, scatta il risarcimento per responsabilità medica.
Corte di cassazione testo sentenza numero 6688/2018