di Lucia Izzo - Tenere le telecamere di videosorveglianza puntate in modo da inquadrare anche spazi di esclusiva pertinenza dell'abitazione del vicino è un atteggiamento che può violare la privacy e costare caro.
Il Tribunale di Catania, nella sentenza del 31 gennaio 2018 (qui sotto allegata), ha infatti condannato un uomo a risarcire al suo vicino ben 2mila euro per il danno non patrimoniale subito a causa dell'intrusione nella sua vita privata.
La vicenda
La vicenda prende le mosse da una controversia tra vicini in cui la moglie dell'uno aveva denunciato l'altro che poi, a sua volta, aveva controdenunciato il vicino (marito della querelante) e aveva poi rimesso la sua querela in dibattimento.
Nonostante tale remissione, il vicino agisce in giudizio evidenziando di aver patito ingiusti danni per essersi, in seguito alla querela, "dovuto difendere nell'ambito di un procedimento penale" durato lunghi anni, che gli aveva provocato enorme stress e generato anche ripercussioni fisiche.
Questi sottolinea, inoltre, come, al fine di provare le proprie accuse, il vicino avesse versato agli atti del procedimento penale un DVD le cui registrazioni provenivano dall'impianto di videosorveglianza da lui installato presso la sua abitazione.
Tali telecamere, evidenzia l'attore, erano in grado di riprendere (come documentato delle stesse registrazioni) anche l'ingresso e le finestre del bagno e della cucina di sua proprietà. Circostanza che, per parte attrice, viola la disciplina dettata dal Garante della Privacy in materia di installazione di impianti di videosorveglianza in ambito condominiale da parte di singolo condomino.
Al Tribunale, dunque, il vicino chiede il risarcimento dei danni subiti, compreso quella da violazione della privacy. Il convenuto, invece, valorizza la sua remissione di querela e si difende dalla violazione della privacy domestica sottolineando come a dover essere salvaguardato da interferenze attuate con l'uso di strumentazione audiovisiva sia soltanto ciò che si compie in luoghi di privata dimora in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile ad estranei (condizioni che nella specie non era dato di individuare).
Va risarcita la violazione della privacy per le telecamere puntate sulla casa del vicino
Il giudice siciliano, da un lato, ritiene che lo stress patito dall'attore in conseguenza di accuse non calunniose non si presti a giustificare alcun risarcimento, dall'altro considera meritevole di fondamento la domanda risarcitoria formulata sul presupposto di una violazione del suo diritto alla riservatezza in ambito domestico
Per il Tribunale sussiste un illecito civile posto che il Garante della Privacy, nella Delibera dell'8 aprile 2010 stabilisce che, ove un singolo condomino installi impianto di videosorveglianza a tutela della sua proprietà esclusiva, "l'angolo visuale delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, ad esempio quelli antistanti l'accesso alla propria abitazione, escludendosi ogni forma di ripresa, anche senza registrazione, di immagini relative ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, garage comuni) o antistanti l'abitazione di altri condomini".
Il vicino neppure ha provato a giustificare l'estensione dell'angolo di visuale delle sue telecamere dando conto di un eventuale "balancing" (ovvero una valutazione di proporzionalità) tra i diritti in gioco: non ha, infatti, né provato né allegato di aver installato gli impianti (secondo quanto detta la citata Delibera) per "preservare la sicurezza di persone e la tutela di beni da concrete situazioni di pericolo, di regola costituite da illeciti già verificatisi, oppure nel caso di attività che comportano, ad esempio, la custodia di denaro, valori o altri beni".
Nei fatti accertati, l'illecito civile (pur se non correlato ad alcun illecito penale) è foriero di danno non patrimoniale: infatti, rammenta il giudice, la rilevanza costituzionale dei diritti presidiati dalla tutela minima risarcitoria "deve riguardare l'interesse leso e non il pregiudizio conseguentemente sofferto".
Sul punto, giova richiamare l'art. 14 della Costituzione che tutela il domicilio sotto due distinti aspetti: come diritto di ammettere o escludere altre persone da determinati luoghi, in cui si svolge la vita intima di ciascun individuo e come diritto alla riservatezza su quanto si compie nei medesimi luoghi.
Nel caso delle riprese visive, "il limite costituzionale del rispetto dell'inviolabilità del domicilio viene in rilievo precipuamente sotto il secondo aspetto: ossia non tanto (o non solo) come difesa rispetto ad una intrusione di tipo fisico; quanto piuttosto come presidio di un'intangibile sfera di riservatezza, che può essere lesa - attraverso l'uso di strumenti tecnici - anche senza la necessità di un'intrusione fisica"
Facendo applicazione dei principi in materia di risarcimento del danno, nel caso di specie il Tribunale ritiene equo ristorare il danno non patrimoniale subito dal vicino/attore, quantificandone il controvalore pecuniario nella somma di Euro 2.000.
Tribunale di Catania, sent. 31/1/2018