il reddito pari a zero dichiarato in sede di gratuito patrocinio non va ritenuto "potenzialmente ingannevole"
Avv. Alessandra E. Di Marco - Non può ritenersi che la dichiarazione del reddito pari a zero, resa da chi chiede l'ammissione a gratuito patrocinio, possa definirsi a priori come "potenzialmente ingannevole", è quanto emerso dalla recente pronuncia n. 10406/2018 della II Sez. della Suprema Corte di Cassazione (sotto allegata).
Di conseguenza nessun giudice di merito può valutare se la dichiarazione resa dal richiedente sia vera o meno, stante che ai fini della verifica circa la veridicità di detta dichiarazione vi sono specifici strumenti, e soltanto questi possono essere eventualmente disposti dal Giudice.
Tuttavia la stessa si vedeva negato tale riconiscimento, in quanto il Giudice di merito riteneva che la stessa non potesse vivere senza reddito e che pertanto andavano allegati anche gli eventuali aiuti economici di cui la stessa, con molta probabilità per poter sopravvivere, doveva ricevere da amici e/o parenti.
La Suprema Corte ha invece sancito l'insandacabilità da parte del Giudice di merito circa le dichiarazioni rese in sede di istanza di ammissione a gratuito patrocinio le quali pur se ritenute potenzialmente ingannevoli, non possono far venir meno il diritto all'ammissione, in virtù del principio secondo il quale è lo stesso istituto del gratuito patrocinio e nascere proprio per tutelare taluni soggetti particolarmente deboli a livello economico.
Ha ritenuto la Corte che l'unico vero strumento di verifica che può attivarsi è quello di trasmettere la dichiarazioni al competente organo di verifica ovvero alla Guardia di Finanza.
Soltanto quest'ultima potrà eventualmente verificare la veridicità o meno delle dichiarazioni ed eventualmente agire nei confronti del dichiarante, senza che via sia alcun potere in materia del Giudice di merito.
Avv. Alessandra Elisabetta Di Marco
alessandradimarco@virgilio.it
Cassazione, sentenza n. 10406/2018
Gratuito patrocinio con reddito zero
Secondo la Corte infatti un soggetto che dichiari reddito pari a zero ha esattamente lo stesso diritto di chiunque altro, ad essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, anzi forse lo stesso ha maggiori diritti a vedersi riconoscere tale diritto, e dunque ad essere ammesso a poter godere del gratuito patrocinio.
Di conseguenza nessun giudice di merito può valutare se la dichiarazione resa dal richiedente sia vera o meno, stante che ai fini della verifica circa la veridicità di detta dichiarazione vi sono specifici strumenti, e soltanto questi possono essere eventualmente disposti dal Giudice.
La decisione della Cassazione
La recente pronuncia nasce dalla vicenda di una donna la quale proponeva richiesta di ammissione a gratuito patrocinio, stante il proprio reddito pari a zero.Tuttavia la stessa si vedeva negato tale riconiscimento, in quanto il Giudice di merito riteneva che la stessa non potesse vivere senza reddito e che pertanto andavano allegati anche gli eventuali aiuti economici di cui la stessa, con molta probabilità per poter sopravvivere, doveva ricevere da amici e/o parenti.
La Suprema Corte ha invece sancito l'insandacabilità da parte del Giudice di merito circa le dichiarazioni rese in sede di istanza di ammissione a gratuito patrocinio le quali pur se ritenute potenzialmente ingannevoli, non possono far venir meno il diritto all'ammissione, in virtù del principio secondo il quale è lo stesso istituto del gratuito patrocinio e nascere proprio per tutelare taluni soggetti particolarmente deboli a livello economico.
Ha ritenuto la Corte che l'unico vero strumento di verifica che può attivarsi è quello di trasmettere la dichiarazioni al competente organo di verifica ovvero alla Guardia di Finanza.
Soltanto quest'ultima potrà eventualmente verificare la veridicità o meno delle dichiarazioni ed eventualmente agire nei confronti del dichiarante, senza che via sia alcun potere in materia del Giudice di merito.
Avv. Alessandra Elisabetta Di Marco
alessandradimarco@virgilio.it
Cassazione, sentenza n. 10406/2018
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