Nella sentenza n. 357/2018 del Tribunale di Bologna il ricorrente cita in giudizio una casa editrice, una società radiotelevisiva e uno scrittore, chiedendo l'accertamento della titolarità dei diritti d'autore di un romanzo e della trasposizione cinematografica di esso.
La richiesta verte, specificatamente, sui danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.
La vicenda
La vicenda ruota tutta attorno a delle indagini svolte dal ricorrente in un'isola caraibica per rintracciare una famiglia scomparsa. Al suo ritorno in Italia, il soggetto in questione era stato contattato da un giornalista per scrivere una storia a quattro mani; dopo aver accettato, gli aveva consegnato un manoscritto di 80 pagine suggerendo l'aspetto e il nome sia del commissario protagonista del romanzo sia il nome del romanzo stesso.
Tutto il suo iter probatorio si basava sulla veridicità della narrazione per ciò che concerne i luoghi, fatti e personaggi realmente esistiti, di sua esclusiva conoscenza a causa delle indagini svolte.
Dopo aver analizzato la questione, il giudice del caso di specie evidenzia la necessità di procedere in modo diverso, analizzando prima la responsabilità della casa editrice, e della società, e poi quella dello scrittore.
Diritto d'autore: occorre provare l'apporto creativo
Dopo aver riconosciuto di non potere sapere gli accordi esistenti tra l'attore e l'autore, vertente su una spartizione del 50% dei ricavi derivanti dallo sfruttamento commerciale dell'opera in questione, il giudice respinge le richieste attoree; non è chiaro dove sia configurabile l'asserito sfruttamento della sua opera originaria se l'attore non ha saputo indicare nessuna analogia tra il lavoro precedente e i successivi, al di là del nome del personaggio del primo romanzo.
Per ciò che concerne lo scrittore, il discorso del giudice si articola invece in modo diverso: primariamente va respinta la presunta esclusività delle notizie in questione, poiché le notizie ed i personaggi legati alla storia della famiglia erano da tempo di dominio pubblico, essendo state riportate e trattate in modo ampio e diffuso da testate giornalistiche locali e nazionali.
In secundis, va chiarito che nella tutela autorale il concetto di creatività non coincide con quello di originalità e novità assoluta, in quanto l' opera artistica riceve protezione a condizione che sia in essa riscontrabile un atto creativo, anche minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore.
Dalle allegazioni e dagli elementi di valutazione svolti dall' attore non è dato comprendere quali siano stati gli apporti creativi ed originali da lui conferiti all' opera in questione e alla rappresentazione formale di una certa idea letteraria, quali sarebbero stati gli adattamenti da lui suggeriti all' ideazione e alla realizzazione dell' opera; il suo materiale è per lo più contributivo, privo di qualsiasi utilizzabilità mercantile e carente dei necessari requisiti di creatività ed individualità indispensabili per la configurabilità stessa di un' opera dell' ingegno.
Infine, tenendo a mente che l'opera in questione è ipoteticamente ideata e realizzata a quattro mani, l'ambito di applicazione si differenzia dalla canonica tutela autoriale; per attribuire un'opera a più persone è necessario che ognuno ponga in essere un contribuito creativo e inscindibile, qui assolutamente assente.
Alla luce di tutte queste considerazioni, il giudice non può fare altro che respingere tutte le sollevazioni attoree.
Per dovere di completezza il giudice riconosce che l'attore avrebbe potuto allegare e dedurre in giudizio una responsabilità del convenuto a titolo precontrattuale ovvero contrattuale, i cui elementi fondanti non risultano in alcun modo prospettati nella narrativa e nelle conclusioni della citazione; in essa viene esclusivamente argomentata una domanda di rivendica di paternità dell'opera in questione.
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Dott. Michel Simion
Giuridica.net
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