Per la Cassazione se la ex giovane e istruita non si attiva per trovare un'occupazione non può imputarsi al coniuge la non conservazione del precedente tenore di vita

di Lucia Izzo - Dice addio al mantenimento la moglie separata, giovane, laureata e non affetta da malattie invalidanti che non dimostra di essersi adeguatamente attivata per ricercare un'occupazione lavorativa adeguata alle sue attitudini. Non può, infatti, imputarsi in tal caso all'ex la mancata conservazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

La vicenda


Lo ha confermato la Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza 6886/2018 (qui sotto allegata) bocciando il ricorso della ex moglie separata che si era vista revocare dai giudici di merito l'assegno di mantenimento a lei versato dal coniuge.


In particolare, la donna contesta l'operato della Corte d'Appello per aver posto a suo carico l'onere di dimostrare l'inadeguatezza dei suoi redditi a conservare il tenore di vita matrimoniale. Avrebbe dovuto, secondo la difesa, essere il marito a dimostrare di redditi adeguati.


Ancora, sostiene la ricorrente, il giudice avrebbe omesso di considerare il suo sforzo nel tentare di trovare un lavoro, attuatosi mediante stage che si erano risolti senza esito positivo.

Separazione: niente mantenimento alla ex che non si attiva per trovare lavoro

Censure che appaiono prive di fondamento secondo la Cassazione: la sentenza impugnata, infatti, pur riconoscendo un divario tra le capacità economiche delle parti, aveva ritenuto che lo stato di disoccupazione della donna (già accertato dal Tribunale) non fosse incolpevole e che, dunque, non fosse giustificata l'attribuzione di un assegno in mantenimento a suo favore.


La ricorrente, secondo i giudici, non aveva dimostrato di essersi attivata per reperire un'occupazione lavorativa, tenuto conto della sua giovane età (circa 35 anni) e del titolo di studio di cui era in possesso (laurea), della mancanza di patologie invalidanti e del tempo (circa sei anni) trascorso dalla data del deposito del ricorso per separazione.


Trattasi per gli Ermellini di un plausibile accertamento di fatto non censurabile in sede di legittimità con il mezzo proposto e non scalfito da un ricorso in cui non sono stati indicati fatti decisivi il cui esame sia stato omesso dai giudici di merito.


Infondata, inoltre, appare la doglianza riguardante l'erronea applicazione della regola sull'onere prova. Se è vero, si legge nel provvedimento, "che nella separazione personale i redditi adeguati cui va rapportato, ai sensi dell'articolo 156 c.c., l'assegno di mantenimento

a favore del coniuge sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio è anche vero che la prova della ricorrenza dei presupposti dell'assegno incombe su chi chiede il mantenimento e che tale prova ha ad oggetto anche l'incolpevolezza del coniuge richiedente, quando, come nella specie, sia accertato in fatto che, pur potendo, esso non si sia attivato doverosamente per reperire un'occupazione lavorativa retribuita confacente alle sue attitudini, con l'effetto di non poter porre a carico dell'altro coniuge le conseguenze della mancata conservazione del tenore di vita matrimoniale".


Il ricorso viene dunque integralmente respinto.


Cass., VI civ., ord. 6886/2018

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