di Valeria Zeppilli - Se le chances di sopravvivenza del neonato erano poche o, addirittura, vi era la certezza che il feto sarebbe deceduto, i medici non possono essere chiamati a rispondere nei confronti dei genitori delle gravi patologie con le quali è venuto alla luce il loro figlio.
Tale conclusione emerge dalla sentenza numero 7251/2018 della Corte di cassazione (qui sotto allegata), che ha rigettato tutti i motivi di ricorso di un uomo e una donna che avevano agito in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni patiti a seguito della presunta "errata, negligente ed imperita" assistenza al parto e alla nascita di loro figlio, cui era conseguita in capo a quest'ultimo una grave encefalopatia con idrocefalo e tetra paresi spastica.
La vicenda
La pronuncia in commento, infatti, così disponendo ha confermato la decisione del giudice del merito di negare il risarcimento del danno considerando che, pur date per buone le incongruenze della c.t.u. agli atti in ordine agli orari del tracciato carditoecografico del piccolo, una simile circostanza non assume alcuna rilevanza ai fini della dimostrazione della responsabilità dei sanitari.
Infatti, nonostante tali incongruenze, resta comunque il fatto che la donna, nel caso di specie, era stata visitata da due medici che, in rapida successione, avevano rilevato un quadro di brachicardia fetale che, se fosse perdurata per un determinato arco temporale, avrebbe ridotto al minimo le chances di sopravvivenza del neonato o, addirittura, avrebbe dato la certezza che il feto sarebbe deceduto.
Disattesi per diverse ragioni tutti i motivi di ricorso dei genitori, la Cassazione ha di fatto confermato la sentenza del giudice dell'appello: se i genitori sono stati messi in guardia sulle problematiche del feto e i medici non potevano far nulla per impedire l'evento, nessun risarcimento per responsabilità medica può essere disposto.
Corte di cassazione testo sentenza numero 7251/2018