di Lucia Izzo - Per aver lasciato il figlio undicenne solo a casa per una ventina di minuti, due genitori sono finiti in Tribunale con a carico una denuncia per abbandono di minore. Si tratta di un episodio accaduto nel marzo 2015 a Ivrea, cittadina poco distante da Torino, in questi giorni al vaglio dei giudici la cui sentenza è prevista per il 9 aprile.
La coppia, dopo una separazione tutt'altro che pacifica, aveva ingaggiato una battaglia legale proprio per l'affidamento del ragazzino che, all'epoca dei fatti si trovava presso il padre: questi aveva deciso di fare una breve passeggiata con la nuova compagna nel parco vicino casa, ma il figlio si era categoricamente rifiutato di partecipare.
Quindi, l'11enne era rimasto solo nell'abitazione rassicurato dalla promessa del padre di tornare di lì a poco e con alla mano il cellulare datogli dal genitore per chiamarlo in caso di bisogno. Di rimando, il ragazzino aveva chiamato la madre lamentandosi di essere stato lasciato da solo e la donna (complice presumibilmente anche il clima teso con l'ex), invece di sdrammatizzare lo aveva spinto a chiamare il 113.
Tornato a casa dalla passeggiata, l'uomo ha trovato ad attenderlo i carabinieri che hanno accusato di abbandono di minori sia lui che la ex moglie, per non essersi preoccupata di andare a riprendersi il figlio lasciato da solo.
Tuttavia, a carico del padre grava anche un'accusa di violenza e privata e lesioni per fatti avvenuti poco prima dell'episodio sopra raccontato e che, insieme a questo, hanno portato il ragazzino a non volerlo più vedere: per convincerlo ad andare a un pranzo domenicale in un ristorante con alcuni colleghi, il genitore aveva colpito il figlio con uno schiaffo trascinandolo da sotto al tavolo dove questi si era rifugiato. «Non assecondai semplicemente i capricci di mio figlio» ha raccontato lui al giudice.
Quando lasciare il figlio solo a casa è abbandono di minore
Lasciare il figlio solo a casa, magari per la necessità di svolgere adempimenti della vita quotidiana fuori dall'abitazione, non è un comportamento così inusuale per il genitore, soprattutto in considerazione della sempre maggiore autonomia dei minori di oggi rispetto al passato, i quali crescono più rapidamente (nonostante l'età anagrafica) e sono in grado di svolgere da soli molte attività.
Ciononostante, ciò non può e non deve indurre il genitore a pensare che il figlio possa badare a se stesso affrontando tutte le situazioni (anche quelle più impreviste), portandolo, quindi, a omettere di vigilare adeguatamente facendo mancare la cura degli interessi del figlio.
Una simile leggerezza, infatti, può costare cara anche a livello penale, in quanto il codice all'art. 591 punisce espressamente l'abbandono di persone minori o incapaci.
La norma, nello specifico, prevede la reclusione da sei mesi a cinque anni per "chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura". Alla stessa pena soggiace, inoltre, chi abbandona all'estero un minore di 18 anni (cittadino italiano), a lui affidato nel territorio dello Stato per ragioni di lavoro.
A sottolineare l'importanza dell'interesse tutelato (il bene etico e sociale della sicurezza della persona) sono previste circostanze aggravanti speciali laddove all'abbandono conseguano lesioni personali o morte, oppure laddove il reato sia commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero dall'adottante o dall'adottato.
La norma, dunque, si apre con una presunzione di incapacità assoluta ad autodeterminarsi valevole per tutti i minori di età inferiore agli anni quattordici.
Essendo quello in esame un reato c.d. di pericolo, è sufficiente a integrarlo il dolo generico consistente nella coscienza di abbandonare a se stesso il soggetto passivo, che non abbia la capacità di provvedere alle sue esigenze, in una situazione di pericolo per la sua integrità fisica di cui si abbia l'esatta percezione (cfr. Cass. n. 10994/2013).
Pertanto, (cfr. Cass., sent. n. 9276/2009) rilevando ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo del delitto d'abbandono di persone minori esclusivamente la volontà dell'abbandono, la configurabilità del reato non è esclusa dalla convinzione del genitore che il figlio infraquattordicenne sia in grado di badare a se stesso o dalla circostanza che quest'ultimo sia affidato a soggetto non idoneo, come un coetaneo o un anziano privo del controllo di ordinarie situazioni di pericolo per l'incolumità propria e altrui.Leggi anche Figli minori: a che età si possono lasciare da soli in casa?
Ciò anche laddove l'abbandono di protragga per un lasso temporale breve (Cass. n. 19327/2013) e senza che in concreto si verifichi un evento dannoso, essendo di norma sufficiente per la giurisprudenza che sussista un pericolo potenziale.
L'abbandono consiste in qualunque azione od omissione contrastante con l'obbligo di custodia e cura gravante sul genitore nei confronti del figlio e ben può verificarsi anche nel contesto c.d. "domestico", luogo che si suole ritenere sicuro,
Il reato può configurarsi, non solo, in caso di allontanamento (anche temporaneo) del genitore dall'abitazione, ma anche quando, pur rimanendo in casa, il genitore faccia mancare al figlio l'adeguata assistenza: ciò può avvenire, ad esempio, nel caso del genitore che si addormenti senza vigilare sul minore, oppure non richieda assistenza medico in caso il piccolo si faccia del male ritenendo la ferita di poco conto.
Tuttavia, la "custodia" del minore implica diverse modalità di esercizio ed è delegabile solo ad un affidatario maggiorenne e capace: grava su genitori e insegnanti per legge, ma può derivare anche da un contratto a soggetti (ad esempio, baby sitter, bagnino, infermiere, ecc.) che dovranno a loro volta adeguatamente vigilare sull'infraquattordicenne.
Quando lasciare il figlio solo a casa?
Dalla lettura della norma di legge appare evidente come, per evitare di incorrere in spiacevoli conseguenze, anche penali, sarebbe sempre consigliabile non lasciare il minore degli anni 14 del tutto solo a casa, in quanto se dovessero verificarsi incidenti domestici ne pagherebbe le conseguenze anche il genitore colpevole di "abbandono".
Tuttavia, una conclusione così rigorosa si scontra con una realtà che richiede la graduale emancipazione del minore, lo sviluppo della sua capacità di determinarsi e diventare autonomo, posto che non sempre si prospettano situazioni di pericolo, anche solo potenziali (leggi anche: Scuola: uscita under14, basta l'autorizzazione).
Gli esperti suggeriscono di iniziare a educare gradualmente i minori all'autonomia, per evitare che rimanere soli, una volta raggiunta l'età consentita dalla legge, sia avvertito con timore e insicurezza: l'età migliore per iniziare questo percorso si ritiene parta dai 10 anni, una volta ultimata la scolarizzazione elementare, presumendosi acquisita un'educazione e un certo grado di indipendenza e senso di responsabilità.
La stessa giurisprudenza, vista la complessità e le sfaccettature delle varie situazioni, ha in alcuni casi mitigato il rigore correlato alla stretta interpretazione della norma (che stabilisce come età ideale quella dei 14 anni) e valorizzato la consapevolezza e l'esistenza di una situazione di concreto pericolo per la vita o l'incolumità del soggetto.
Il reato è stato, ad esempio, escluso in mancanza di pericolo, nemmeno potenziale, per il minore "abbandonato" (cfr. Cass., n. 24849/2011), e laddove il genitore abbia dimostrato di aver vigilato ed essersi preso cura del figlio, prevenendo in ogni modo possibili ed eventuali pericoli secondo la sua capacità in rapporto alle circostanze di tempo e luogo.
Pertanto, laddove il genitore si veda costretto per necessità (e sempre per brevi periodi di tempo) a lasciare il figlio solo a casa, appare opportuno sempre valutare una serie di circostanze: ad esempio il grado di maturità del minore (capacità di reagire a situazioni impreviste e chiedere aiuto tempestivamente, ecc.), l'ambiente in cui viene lasciato solo (vigilanza di un vicino, casa isolata o in condominio, sicura e dotata di impianto elettrico a norma, ecc.), la presenza in casa di altri fratelli più grandi (maggiori di anni 14 seppur ancora minorenni) e altri fattori affinché il limitato tempo di assenza non risulti potenzialmente rischioso e il bambino non avverta il restare solo a casa come una situazione di abbandono o disagio.
In materia, gli esperti suggeriscono di iniziare con assenze molto brevi (mezz'ora), assicurando al minore la presenza di persone pronte ad aiutarlo in caso di necessità (vicino o portiere), lasciandogli tutto l'occorrente come da bere o da mangiare, raccomandandogli di non usare i fornelli o altri dispositivi pericolosi, lasciare numeri di telefono e recapiti n caso di aiuto, ordinando di non aprire a nessuno e così via.
Atteggiamenti indispensabili, a livello umano, affinchè il piccolo possa responsabilizzarsi e acquisire sicurezza, tuttavia non va mai perso di vista quanto previsto dalla legge che sovente si è dimostrata molto rigorosa nell'interpretazione normativa.
Leggi anche Lasciare da solo il figlio minore anche per poco tempo è reato