Avv. Antonio Trapasso - Con la L. 7 marzo 1996, n. 108, il legislatore ha novellato il reato di usura di cui all'art. 644 c.p., delineando una disciplina in chiave tendenzialmente oggettiva che fa perno su un rapporto di sproporzione fra le prestazioni, predeterminato attraverso una procedura amministrativa.
Reato di usura, quando si configura
In linea generale il reato di usura comune si configura per l'oggettivo superamento del tasso-soglia degli interessi, indipendentemente dalla condizione della persona offesa, salvo che non si verifichi comunque un abuso delle condizioni di difficoltà economica o finanziaria della vittima (c.d. usura in concreto).
Ove non venga in considerazione l'abuso della situazione di bisogno, l'elemento oggettivo del reato di usura è integrato dall'obiettivo superamento del tasso-soglia degli interessi.
Il superamento del tasso soglia, determinato secondo la procedura amministrativa prevista dalla legge, comporta, infatti, una presunzione legale di usurarietà degli interessi.
Più specificamente il comma 3 dell'ari. 644 c.p. prevede che: "la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari.
A norma della L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 4: "il limite previsto dall'art. 644 c.p., comma 3 oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà".
Il superamento del limite degli interessi
Lo stesso art. 2, ai commi 1 e 2 prevede le modalità di svolgimento della procedura amministrativa per la determinazione del limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, stabilendo:
"1. il Ministro del Tesoro, sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei Cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall'Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d'Italia ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, artt. 106 e 107 nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura.
I valori medi derivanti da tale rilevazione, corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento, sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta ufficiale.
2. la classificazione delle operazioni per categorie omogenee, tenuto conto della natura, dell'oggetto, dell'importo, della durata, dei rischi e delle garanzie è effettuata annualmente con decreto del ministro del tesoro, sentiti la banca d'Italia e l'ufficio italiano dei cambi e pubblicata senza ritardo nella gazzetta ufficiale".
La procedura amministrativa sul livello medio dei tassi di interesse
In sostanza la legge ha previsto una procedura amministrativa volta a rilevare in modo oggettivo il livello medio dei tassi d'interesse praticato dalle banche e dagli altri intermediari finanziari autorizzati, ancorando il disvalore sociale collegato al concetto di usura al superamento di tale livello-soglia, aumentato della metà.
Di conseguenza la norma di cui all'art. 644 c.p. si presenta come una norma penale parzialmente in bianco, in quanto per determinare il contenuto concreto del precetto penale è necessario fare riferimento ai risultati di una complessa procedura amministrativa.
Se tale procedura non venisse portata a termine, con la pubblicazione trimestrale dei Decreti del Ministro del Tesoro (attualmente dell'Economia e delle Finanze) portanti la rilevazione dei tassi globali medi, il reato non sarebbe punibile per la mancanza di un elemento essenziale, integrativo della condotta, fatta salva l'ipotesi dell'abuso dello stato di bisogno.
Proprio il rilievo che assume la procedura amministrativa per l'integrazione del reato ha fatto sorgere dei dubbi di costituzionalità della norma.
Sul punto è intervenuta la Cassazione che ha statuito che: "In tema di usura è manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità del combinato disposto dell'art. 644 c.p., comma 3 e della L. 7 marzo 1996, n. 108, l'art. 2 per contrasto con l'art. 25 Cost., sotto il profilo che le predette norme, nel rimettere la determinazione del "tasso soglia", oltre il quale si configura uno degli elementi oggettivi del delitto di usura, ad organi amministrativi, determinerebbero una violazione del principio della riserva di legge in materia penale" (Cass. Sez. 2^, Sentenza n. 20148 del 18/03/2003 Ud. Rv. 226037).
Con tale pronunzia la Corte ha osservato che il principio della riserva di legge è rispettato in quanto la suddetta legge indica analiticamente il procedimento per la determinazione dei tassi soglia, affidando al Ministro del tesoro solo il limitato ruolo di "fotografare", secondo rigorosi criteri tecnici, l'andamento dei tassi finanziari.
Non v'è dubbio che la legge abbia determinato con grande chiarezza il percorso che l'autorità amministrativa deve compiere per "fotografare" l'andamento dei tassi finanziari.
Questo percorso postula l'intervento della Banca d'Italia che nella sua qualità di Organo di vigilanza deve fornire le dovute istruzioni alle banche ed agli operatori finanziari autorizzati per la rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi praticati dal sistema bancario e finanziario in relazione alle categorie omogenee di operazioni creditizie.
E tuttavia questo intervento tecnico per "fotografare" l'andamento dei tassi finanziari postula comunque delle scelte interpretative da parte dell'Organo di vigilanza tanto in merito alla classificazione delle operazioni omogenee rispetto alle quali effettuare la rilevazione dei tassi medi effettivamente praticati nel trimestre, quanto in merito all'individuazione "delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese (..) collegate all'erogazione del credito", che devono essere incluse nelle rilevazioni statistiche, quanto delle voci che devono essere escluse, in quanto imposte o tasse, ovvero oneri non collegati all'erogazione del credito.
Le istruzioni della banca d'Italia
A questo riguardo le istruzioni di vigilanza diramate dalla Banca d'Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi praticati dal sistema bancario e finanziario, in relazione alle categorie omogenee di operazioni creditizie indicano analiticamente i dati da segnalare ed il trattamento degli oneri e delle spese.
In particolare il punto C4. (Trattamento degli oneri e delle spese), prevede:
"Ai sensi della legge il calcolo del tasso deve tener conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all'erogazione del credito.
In particolare, sono inclusi:
1) le spese di istruttoria e di revisione del finanziamento (per il factoring le spese di "istruttoria cedente");
2) le spese di chiusura della pratica (per il leasing le spese forfettarie di "fine locazione contrattuale");
Le spese di chiusura o di liquidazione addebitate con cadenza periodica, in quanto diverse da quelle per tenuta conto, rientrano tra quelle incluse nel calcolo del tasso.
3) le spese di riscossione dei rimborsi e di incasso delle rate, salvo quanto stabilito al successivo punto b);
4) il costo dell'attività di mediazione svolta da un terzo, se necessaria per l'ottenimento del credito;
5) le spese per le assicurazioni o garanzie imposte dal creditore, intese ad assicurare il rimborso totale o parziale del credito.
Le spese per assicurazioni e garanzie non sono ricomprese quando derivino dall'esclusivo adempimento di obblighi di legge.
Nelle operazioni di prestito contro cessione del quinto dello stipendio e assimilate indicate nella Cat. 8 le spese per assicurazione in caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione del debitore non rientrano nel calcolo del tasso purchè siano certificate da apposita polizza.
6) ogni altra spesa contrattualmente prevista connessa con l'operazione di finanziamento.
Si considerano non connessi con l'operazione, con riferimento al Factoring e al Leasing, i compensi per prestazioni di servizi di natura non finanziaria.
Sono esclusi:
a) le imposte e tasse;
b) le spese e gli oneri di cui ai successivi punti per la parte in cui non eccedano il costo effettivamente sostenuto dall'intermediario: il recupero di spese, anche se sostenute per servizi forniti da terzi (ad es. perizie, certificati camerali, spese postali; spese custodia pegno; nel caso di sconto di portafoglio commerciale, le commissioni di incasso di pertinenza del corrispondente che cura la riscossione); le spese legali e assimilate (ad es. visure catastali, iscrizione nei pubblici registri, spese notarili, spese relative al trasferimento della proprietà del bene oggetto di leasing, spese di notifica, spese legate all'entrata del rapporto in contenzioso)".
Nel successivo punto C.5 le istruzioni di vigilanza (in vigore fino al 2^ trimestre 2009) prevedono che la commissione di massimo scoperto non entra nel calcolo del TEG. Essa viene rilevata separatamente, espressa in termini percentuali.
Il calcolo del Teg
La metodologia per il calcolo del TEG applicata dalla Banca d'Italia, fin dalla prima rilevazione, è stata posta a fondamento dei decreti ministeriali nei quali, come previsto dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2, comma 1 è contenuta la rilevazione trimestrale del tasso effettivo globale medio in base al quale è stabilito il limite previsto dall'art. 644 c.p., comma 3 oltre il quale gli interessi sono sempre usurari.
Infatti, fin dal primo decreto (D.M. 22 marzo 1997) il Ministro del Tesoro determinava la tabella dei tassi di interesse effettivi globali medi, precisando che "i tassi non sono comprensivi della commissione di massimo scoperto eventualmente applicata".
La commissione di massimo scoperto
Per quanto riguarda la natura della commissione di massimo scoperto, occorre fare riferimento alle Istruzioni di vigilanza che la definiscono in questo modo:
"Tale commissione nella tecnica bancaria viene definita come il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l'intermediario dell'onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell'utilizzo dello scoperto del conto.
Tale compenso - che di norma viene applicato allorchè il saldo del cliente risulti a debito per oltre un determinato numero di giorni - viene calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento.
Tale commissione è strutturalmente connessa alle sole operazioni di finanziamento per le quali l'utilizzo del credito avviene in modo variabile, sul presupposto tecnico che esista uno "scoperto di conto".
Pertanto, analoghe commissioni applicate ad altre categorie di finanziamento andranno incluse nel calcolo del TEG." Risulta evidente, pertanto, che tale voce non costituisce un interesse in senso tecnico, bensì una commissione, vale a dire un onere posto in relazione allo "scoperto di conto corrente", che trova giustificazione quale parziale ristoro per la minore redditività che la banca subisce dovendo tenere a disposizione risorse liquide, oltre l'affidamento concesso.
Non può escludersi, però, che tale onere sia collegato all'erogazione del credito, anche se, in qualche modo riflette una patologia dei rapporti bancari che si esprime nello scoperto di conto corrente o nello sconfinamento di fido.
Ciò ha fatto sorgere delle legittime perplessità in ordine alla conformità al dettato legislativo del metodo di rilevazione adottato dalla Banca d'Italia (e fatto proprio dal Ministro competente) nella parte in cui esclude la CMS dal calcolo del TEG. Tali perplessità sono emerse episodicamente dinanzi ai giudici di merito, ma il problema non è mai stato compiutamente esaminato dalla Cassazione.
In particolare la sentenza n. 8551/2009 della Cassazione ha preso in considerazione il problema della pretesa violazione dell'art. 644 c.p., comma 4 insito nel metodo di calcolo utilizzato dalla Banca d'Italia per la rilevazione del tasso effettivo globale, che non terrebbe conto della voce "commissione di massimo scoperto, ma si è limitata a rilevare che "il metodo di calcolo dei tassi effettivi globali medi previsto dalla Banca d'Italia è stato integralmente accolto nei decreti ministeriali emessi ai sensi della L. n. 108 del 1996, art. 2 nei quali è espressamente previsto che le banche debbano attenervisi al fine di verificare il rispetto del limite di cui alla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2, comma 4", senza ulteriormente indagare sulla conformità dell'esito della procedura amministrativa, così ritualmente espletata, alle disposizioni di cui all'art. 644 c.p., comma 4 con riferimento agli elementi di cui obbligatoriamente si deve tenere conto per la determinazione del tasso di interesse usurario.
La giurisprudenza ritiene che il chiaro tenore letterale dell'art. 644 c.p., comma 4 (secondo il quale per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all'erogazione del credito) impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito.
Tra essi rientra indubbiamente la Commissione di massimo scoperto, trattandosi di un costo indiscutibilmente collegato all'erogazione del credito, giacchè ricorre tutte le volte in cui il cliente utilizza concretamente lo scoperto di conto corrente, e funge da corrispettivo per l'onere, a cui l'intermediatario finanziario si sottopone, di procurarsi la necessaria provvista di liquidità e tenerla a disposizione del cliente.
Ciò comporta che, nella determinazione del tasso effettivo globale praticato da un intermediario finanziario nei confronti del soggetto fruitore del credito deve tenersi conto anche della commissione di massimo scoperto, ove praticata.
Tale interpretazione risulta avvalorata dalla normativa successivamente intervenuta in materia di contratti bancari.
Al riguardo occorre richiamare il D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 2 bis convertito con la L. 28 gennaio 2009, n. 2.
Tale articolo al comma 1 disciplina le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto, ridimensionandone l'operatività.
Al comma 2 precisa che: "gli interessi, le commissioni, le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente (..) sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'art. 1815 c.c., dell'art. 644 c.p. e della L. 7 marzo 1996, n. 108, artt. 2 e 3".
Le nuove istruzioni della banca d'Italia
In applicazione di tale normativa la Banca d'Italia ha diramato, nell'agosto del 2009, le nuove Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull'usura.
Al punto C.4 (trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG) sono indicate (sub 7) fra le varie voci da comprendere nel calcolo anche:
"gli oneri per la messa a disposizione dei fondi, le penali e gli oneri applicati nel caso di passaggio a debito di conti non affidati o negli sconfinamenti sui conti correnti affidati rispetto al fido accordato e la commissione di massimo scoperto laddove applicabile secondo le disposizioni di legge vigenti".
La disposizione in parola può essere considerata norma di interpretazione autentica dell'art. 644 c.p., comma 4 in quanto puntualizza cosa rientra nel calcolo degli oneri ivi indicati, correggendo una prassi amministrativa difforme.
La giurisprudenza
Secondo la giurisprudenza maggioritaria , da tale ultima previsione si desume che la normativa introdotta dal citato art. 2-bis D. legge n. 185/2008, come convertito dalla legge n. 2/2009, ha portata innovativa e che, pertanto, fino all'applicazione delle nuove istruzioni della Banca d'Italia emanate nell'agosto del 2009, nel calcolo del Teg non dev'essere ricompresa la commissione di massimo scoperto.
Ai fini dell'integrazione dell'Usura , quindi , per tale orientamento non si deve includere nel calcolo del Teg le CMS sino al termine del periodo transitorio dell'entrata in vigore della legge di conversione n. 2 del 2009 che ha introdotto l'art. 2 bis del d.l. n. 185 del 2008.
A parere di chi scrive sin dal 1996 (data in cui fu riformato il reato di usura dalla L. 108/96), la verifica se un interesse sia usurario non può prescindere dall'inclusione delle c.m.s. (come di qualsiasi altra remunerazione per la banca) nei criteri di calcolo.
Le istruzioni della Banca d'Italia, le sue rilevazioni e i decreti ministeriali conseguenti sono, quanto ai criteri di valutazione, non già atti amministrativi in senso stretto, bensì disciplina tecnico-contabile di rango amministrativo sempre emendabile (Cass. 12028/10, "(…) correggendo una prassi amministrativa difforme (…)"). La S.C., insomma, si è limitata a rilevare che l'art. 2-bis citato non fa altro che asseverare un principio già tutto insito di per sè nel concetto di c.m.s., una volta che ne sia stata riconosciuta la vera natura di remunerazione della banca a fronte di un servizio finanziario svolto (quello di essere sempre pronta a rendere disponibile la provvista nei limiti dell'affidamento).
La nuova norma non fa che affermare una verità già insita nella natura stessa dell'istituto. La c.m.s., insomma, è da includere nei criteri di verifica del tasso perchè essa, per la natura che ha, non può non confluirvi al pari di tutte le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione (art. 2-bis co. 2 citato).
Per una verifica corretta, dunque, si deve includere anche la c.m.s.
Le istruzioni della Banca d'Italia , si ribadisce, non sono un atto normativo in senso stretto (ancorchè di grado inferiore), soggetto (sia in positivo, sia, ove espressamente derogato con disciplina retroattiva, in negativo) al principio tempus regit actum, ma meri criteri tecnico-contabili di valutazione che, se corretti, ben possono applicarsi sempre.
Va pertanto condivisa, ai fini della valutazione dell'eventuale carattere usuraio del tasso effettivo globale di interesse (T.E.G.), l'orientamento della Suprema Corte, la quale ha affermato che questo tasso deve ricomprendere anche la commissione di massimo scoperto praticata sulle operazioni di finanziamento per le quali l'utilizzo del credito avviene in modo variabile (Cass. pen., 14 maggio 2010, n. 28743; Cass. pen., 19 febbraio 2010, n. 12028); che, in coerenza con questa interpretazione, deve ritenersi illegittimo lo scorporo della commissione di massimo scoperto dal tasso effettivo globale medio applicato per operazioni omogenee in un determinato periodo (T.E.G.M.), costituito dalla totalità de T.E.G., cioè dell'indicatore del costo totale del prestito rilevato per la categoria di operazioni che interessa, ai fini della determinazione del tetto massimo di interessi che non può essere superato in base alla normativa vigente ratione temporis, indipendentemente dalle circolari e dalle istruzioni impartite al riguardo dalla Banca d'Italia.
Avv. Antonio Trapasso del foro di Catanzaro
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