di Valeria Zeppilli - Il codice di procedura civile richiede alle parti che vogliano proporre un ricorso in Cassazione di procedere a una concisa rielaborazione delle vicende processuali, in virtù del principio di sinteticità che deve informare l'intero processo.
Di conseguenza, come ricordato dalla Corte di cassazione nella sentenza numero 8245/2018 (qui sotto allegata), i cosiddetti ricorsi "sandwich" (o "assemblati" o "farciti"), all'interno dei quali sono riprodotti integralmente numerosi documenti senza alcuno sforzo di selezione o rielaborazione, vanno dichiarati inammissibili.
"Mascheramento" dei dati rilevanti
Una simile tecnica di redazione dei ricorsi, infatti, "impedisce di cogliere le problematiche della vicenda" e comporta "il sostanziale «mascheramento» dei dati effettivamente rilevanti per le argomentazioni svolte". Più che la completezza dell'informazione, quindi, essa genera un difetto di autosufficienza dei ricorsi stessi.
Eccezioni
L'unica salvezza rispetto alla declaratoria di inammissibilità è rappresentata dal caso in cui i documenti integralmente riprodotti possano essere espunti dall'atto processuale, essendo facilmente individuabili e isolabili.
In tali ipotesi, come affermato dalla Cassazione nella sentenza numero 18363/2015, l'autosufficienza del ricorso andrà infatti valutata tenendo conto dei criteri ordinari e in relazione ai singoli motivi.
Ma nel caso di specie, l'atto si componeva di 179 pagine che, espunti i documenti in esso integralmente riprodotti, si riducevano a 5.
Queste 5 pagine, poi, non contenevano tutti gli elementi idonei a porre la Cassazione nella condizione di avere una cognizione completa della controversia e di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata.
Il ricorso, quindi, è stato dichiarato inamissibile dalla Corte.
Corte di cassazione testo sentenza numero 8245/2018• Foto: 123rf.com