La Cassazione ha precisato che il danno da perdita parentale non può dipendere dalla convivenza o meno con il defunto
Avv. Alessandra E. Di Marco - Con l'ordinanza 3767/2018 (sotto allegata), la Suprema Corte ha chiarito che il danno parentale non deve e non può subordinarsi alla sussistenza della convivenza e/o in base alla residenza del congiunto.
Secondo gli Ermellini infatti il danno per aver perso un proprio caro non è di per sè collegato alla sola circostanza che si conviva, o che si abbia una residenza diversa rispetto a quella del de cuis, poichè la perdita, e quindi la sofferenza cagionata da questa, è qualcosa di tipico dell'essere umano e pertanto deve considerarsi sussistente in virtù del semplice vincolo parentale che intercorre tra il defunto ed i congiunti.
Quindi anche i familiari che si trovino distanti, poichè magari abitano in città diverse, hanno diritto a vedersi riconosciuto il risarcimento per il danno da perdita di un proprio parente, in quanto la sofferenza patita non discende dalla convivenza o dalla residenza del congiunto, bensì dal vero e proprio legale parentale che intercorre tra il defunto ed i suoi superstiti.
Tuttavia, ha specificato la Corte, sarà possibile valutare caso per caso, ed il convenuto potrà ed avrà sempre la facoltà di dimostrare che tra il defunto ed il congiunto, che vanti il risarcimento, non vi erano più rapporti o vi erano rapporti ostili tali da non permettere il formarsi di una vera e propria sofferenza per la perdita subita.
E' evidente il principio lapidario che si vuole formare: è giusto risarcire il parente per la perdita subita, anche laddove questo non conviva con il defunto, o abbia residenza diversa, stante che il legame di parentale non può ritenersi svanito per il semplice fatto che si vive in città diverse, al contrario non sarebbe corretto riconoscere un simile risarcimento a chi non avendo più avuto nessun tipo di legame tenti di vantare dei diritti solo a fini per lo più speculativi, facendo valere un vincolo di parentela di fatto assolutamente inesistente.
Avv. Alessandra Elisabetta Di Marco
alessandradimarco@virgilio.it
Ordinanza 3767/2018
• Foto: 123rf.com
Secondo gli Ermellini infatti il danno per aver perso un proprio caro non è di per sè collegato alla sola circostanza che si conviva, o che si abbia una residenza diversa rispetto a quella del de cuis, poichè la perdita, e quindi la sofferenza cagionata da questa, è qualcosa di tipico dell'essere umano e pertanto deve considerarsi sussistente in virtù del semplice vincolo parentale che intercorre tra il defunto ed i congiunti.
Quindi anche i familiari che si trovino distanti, poichè magari abitano in città diverse, hanno diritto a vedersi riconosciuto il risarcimento per il danno da perdita di un proprio parente, in quanto la sofferenza patita non discende dalla convivenza o dalla residenza del congiunto, bensì dal vero e proprio legale parentale che intercorre tra il defunto ed i suoi superstiti.
Il risarcimento va sempre e comunque riconosciuto qualora vi sia una legame di parentela?
Secondo la Corte di Cassazione il risarcimento per la sofferenza patita a seguito della pardita di un congiunto deve ricollegarsi necessariamente al semplice vincolo parentale.Tuttavia, ha specificato la Corte, sarà possibile valutare caso per caso, ed il convenuto potrà ed avrà sempre la facoltà di dimostrare che tra il defunto ed il congiunto, che vanti il risarcimento, non vi erano più rapporti o vi erano rapporti ostili tali da non permettere il formarsi di una vera e propria sofferenza per la perdita subita.
E' evidente il principio lapidario che si vuole formare: è giusto risarcire il parente per la perdita subita, anche laddove questo non conviva con il defunto, o abbia residenza diversa, stante che il legame di parentale non può ritenersi svanito per il semplice fatto che si vive in città diverse, al contrario non sarebbe corretto riconoscere un simile risarcimento a chi non avendo più avuto nessun tipo di legame tenti di vantare dei diritti solo a fini per lo più speculativi, facendo valere un vincolo di parentela di fatto assolutamente inesistente.
Avv. Alessandra Elisabetta Di Marco
alessandradimarco@virgilio.it
Ordinanza 3767/2018
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