Il Consiglio di Stato boccia la soluzione del Mise. Non rispetta la Costituzione l'applicazione analogica dell'art. 693 c.p.

di Lucia Izzo - Non passa il vaglio del Consiglio di Stato la soluzione messa a punto dal Ministero dello Sviluppo Economico riguardante la disciplina sanzionatoria per coloro che non si adeguano all'obbligo di accettare pagamenti con carta di debito e carta di credito.


Infatti, nel suo parere n. 1104/2018 (qui sotto allegata), Palazzo Spada ha sospeso il giudizio sullo "Schema di regolamento recante la definizione delle modalità, dei termini e degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alla mancata accettazione dei pagamenti mediante carte di debito e carte di credito" predisposto dallo stesso Mise.

Pagamenti con carta e bancomat: la disciplina

Il provvedimento è stato predisposto in attuazione dei principi dettati dell'articolo 15 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 (conv. con mod. nella legge n. 221/2012) come modificato dalla legge n. 208/2015.

Tale norma ha disposto che "i soggetti che effettuano l'attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionale, sono tenute ad accettare anche i pagamenti effettuati attraverso carte di debito e carte di credito; tale obbligo non trova applicazione nei casi di oggettiva impossibilità tecnica".

Lo schema di regolamento, collegato alla direttiva (UE) 2015/2366/CE nonché con il regolamento (UE) 2015/751, ha carattere innovativo e prevede l'estensione dell'obbligo di accettazione dei pagamenti, oltre che con carte di debito, anche mediante carte di credito.

L'obbligo del POS, la cui finalità è quella di contrastare l'evasione fiscale e il riciclaggio, ha tuttavia prestato il fianco a difficoltà applicative e contestazioni in particolare provenienti dai professionisti che hanno sottolineato i maggiori costi di gestione di tale modalità di pagamento.

Inoltre, in pochi si sono adeguati alla normativa anche a causa dell'assenza di una puntuale disciplina sanzionatoria in caso di mancata installazione del POS o non accettazione di pagamento con carta di credito (per approfondimenti: Pagamenti con il bancomat: obbligo senza sanzione), circostanza che ha di fatto vanificato la previsione legislativa.

Nonostante la legge di stabilità 2016 abbia rinviato a un decreto attuativo del Mise la predisposizione della disciplina in materia di modalità, termini e importo delle sanzioni amministrative pecuniarie, anche in relazione ai soggetti interessati, non sono stati però forniti criteri e limiti specifici quali "importo minimo massimo, indicazione dell'autorità competente ad irrogare la sanzione, procedure applicabili".

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha cercato di sopperire a tale carenza ritenendo si dovesse fare riferimento a quanto disposto dall'ordinamento nazionale vigente e, nello specifico, dall'articolo 693 del codice penale.

La soluzione proposta è stata quindi quella di assimilare chi non installa il Pos a chi si rifiuta di accettare denaro contante in corso di validità. Condotta punita con una sanzione amministrativa fino a 30 euro (per approfondimenti: Pos obbligatori: sanzioni dal codice penale).

Consiglio di Stato: niente sanzione ex art. 693 c.p. a chi non accetta pagamenti con POS

Il Ministero, nello schema di regolamento, ha dunque suggerito come soluzione, in caso di violazione dell'obbligo di accettazione dei pagamenti con carta di debito e carta di credito, quella della sanzione di euro 30 (riducibile di un terzo in caso di pagamento tempestivo) da moltiplicare tante volte quanti sono i pagamenti elettronici richiesti dai clienti e rifiutati.

Un tentativo, seppur apprezzabile, che per il Consiglio di Stato non si sottrae a dubbi di incostituzionalità, in particolare in relazione all'art. 23 della Costituzione il quale prevede che "nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge".

La Sezione riconosce l'importanza della tracciabilità dei flussi finanziari a fini di prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio, elusione fiscale o anche finanziamento del terrorismo internazionale.

Ciononostante, per i giudici, "l'obiettivo di una efficace lotta al riciclaggio, all'evasione e all'elusione fiscale ... deve, però, necessariamente essere conseguito con l'adozione di provvedimenti rispettosi, sotto l'aspetto formale e sostanziale, dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico".

Per il Consiglio di Stato, invece, l'art. 15, comma 4, del decreto legge 179/2012, non appare rispettoso del principio costituzionale della riserva di legge in quanto carente di qualsiasi criterio direttivo, sostanziale e procedurale.


D'altra parte, la mancanza di copertura costituzionale è riconosciuta dallo stesso Ministero nella sua relazione laddove afferma che dubita che la individuazione della sanzione sia "legittimamente delegata ad un atto secondario la facoltà di introdurre nuove sanzioni in assenza di precisi criteri direttivi già contenuti nella norma primaria".


Tale rilievo, secondo la Sezione, va esteso anche all'individuazione per analogia di una sanzione esistente, nel caso di specie quella ex art. 693 c.p.: ciò configura, infatti, "una precisa ed insuperabile violazione al principio della riserva di legge (oltre che del divieto di applicazione dell'analogia ai fini della individuazione della sanzione)".


Sospesa l'emanazione del parere richiesto, Palazzo Spada resta in attesa di una compiuta relazione da parte del Ministero in cui dovranno essere prospettate le soluzioni ritenute possibili per superare gli evidenziati profili di incostituzionalità della legge delega.

Consiglio di Stato, parere n. 1104/2018

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: