di Marina Crisafi - Anche l'atto nullo o annullabile è soggetto all'imposta di registro. È quanto emerso da una recente ordinanza della Cassazione (n. 6834/2018 sotto allegata), chiamata ad esprimersi sul ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Ctr Lazio che aveva accolto l'impugnazione di una contribuente contro un avviso di liquidazione imposta di registro per l'anno 2005.
L'Agenzia si rivolgeva al Palazzaccio eccependo violazione e falsa applicazione dell'art. 38 Dpr n. 131/1986 da parte del giudice di merito, giacché la nullità o annullabilità di un atto (nella specie gravato da usi civici) non è ragione di dispensa dall'obbligo di chiedere la registrazione e pagare la relativa imposta.
Atto nullo comunque tassabile
Per la Cassazione il motivo è fondato. Infatti, in materia di imposta di registro ed Invim, ex art. 38 del dpr n. 131/1986, si legge nell'ordinanza, "la nullità o l'annullabilità dell'atto imponibile non incidono sull'obbligo di chiederne la registrazione, né su quello, conseguente, di pagare la relativa imposta, tanto principale quanto complementare, ma costituiscono soltanto titolo per ottenere la restituzione dell'imposta assolta, subordinatamente, però, non alla mera declaratoria di invalidità dell'atto con sentenza passata in giudicato, bensì all'accertata contemporanea sussistenza di due ulteriori condizioni, rappresentate dalla non imputabilità alle parti del vizio che ha determinato la caducazione dell'atto e dall'insuscettibilità di ratifica, convalida o conferma dello stesso".
La nullità civilistica dell'atto, infatti, proseguono gli Ermellini accogliendo il ricorso e cassando la sentenza con rinvio, "non incide sull'obbligazione tributaria dovuta dal comproprietario che ha sottoscritto l'atto, ma al più sulla ripetizione delle somme relative".
Cassazione ordinanza n. 6834/2018
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