Giunta la vicenda innanzi al Palazzaccio, i giudici hanno confermato quanto deciso dai giudici di merito.
La condotta contestata alla donna era relativa a un post pubblicato sulla propria bacheca Facebook in cui aveva espresso "disprezzo" nei confronti dell'azienda (letteralmente "mi sono rotta i c…. di questo posto di m…. e per la proprietà"). Ciò era bastato ai giudici per ritenere legittimo il licenziamento, ritenendo irrilevante il fatto che non fosse stato indicato il nome del rappresentante dell'azienda, posto che il destinatario era comunque facilmente identificabile.
La S.C., concordando con i giudici di merito, ha ritenuto legittimo il licenziamento affermando che la diffusione di un messaggio diffamatorio "attraverso l'uso di una bacheca Facebook integra un'ipotesi di diffamazione, per la potenziale capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone - atteso - che il rapporto interpersonale, proprio per il mezzo utilizzato, assume un profilo allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione".
Per cui aggiungono gli Ermellini la condotta di postare un commento offensivo su Facebook, integra gli estremi della diffamazione e come tale, nel caso di specie, "correttamente è stato valutato in termini di giusta causa del recesso, in quanto idoneo a recidere il vincolo fiduciario nel rapporto lavorativo".
Leggi anche Offende l'azienda su Facebook, il licenziamento è legittimo
Vuoi restare aggiornato su questo argomento? Seguici anche su Facebook e iscriviti alla newsletter
Cassazione sentenza n. 10280/2018
• Foto: 123rf.com