di Lucia Izzo - Deve ritenersi responsabile per lesioni personali il conducente del veicolo che, a seguito di un'inversione a U in una zona dove la manovra non è consentita, urta un motociclista che procede sulla medesima corsia e che non ha materialmente lo spazio per una reazione volta a evitare l'impatto.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, quarta sezione penale, nella sentenza n. 18410/2018 (qui sotto allegata) dichiarando inammissibile il ricorso dell'imputato condannato per lesioni colpose, fatto aggravato dalla violazione delle norme in materia di circolazione stradale.
Il prevenuto aveva, infatti, effettuato una manovra di inversione di marcia vietata all'altezza di un dosso in conseguenza della quale aveva urtato inevitabilmente il conducente di una moto che sopraggiungeva sulla medesima corsia; questi, a seguito dell'impatto, era caduto rovinosamente a terra riportando lesioni con postumi invalidanti permanenti in misura del 50%.
In Cassazione, l'imputato lamenta che il giudice a quo, il quale lo aveva ritenuto interamente responsabile per l'accaduto, non avesse valutato la velocità tenuta dalla moto condotta dalla persona offesa, al fine di verificare la presenza di un concorso di colpa: secondo il ricorrente, infatti, sarebbe stata necessaria una consulenza tecnica per appurare se il motociclista, a una velocità inferiore, avrebbe potuto evitare di impattare contro l'auto dell'imputato.
In realtà, precisano gli Ermellini, il Tribunale ha ritenuto che le testimonianze rese in dibattimento e i rilievi fotografici e metrici eseguiti immediatamente dopo l'incidente fossero del tutto sufficienti aescludere che il motociclista avrebbe potuto, marciando ad una velocità inferiore rispetto a quella tenuta, contenere, o, addirittura, evitare le conseguenze dannose subite in conseguenza dell'impatto con l'auto dell'imputato.
Conducente responsabile per la manovra "criminale"
Questi, infatti, aveva messo in atto una condotta spericolata, definita "criminale" dai giudici, in quanto aveva effettuato una manovra di inversione a "U" dalla rampa di accelerazione verso la carreggiata centrale e aveva assunto così una posizione "di traverso" rispetto alla direzione di marcia del motociclista.
Posto tale dato di fatto incontroverso, precisa la Cassazione, il particolare stato dei luoghi portava a escludere ogni eventuale concorso di colpa della persona offesa, che stava affrontando un tratto di strada caratterizzato da un dosso o ponte, e dunque non aveva la visuale libera per avvistare la manovra dell'automobilista in tempo utile da consentirgli una qualunque reazione di emergenza.
Infatti, in uno spazio ridotto di poche decine di metri, solo procedendo a una velocità ridottissima e del tutto impropria rispetto all'andamento della strada percorsa, il motociclista avrebbe potuto contenere i gravissimi danni conseguiti alla manovra oltremodo pericolosa dell'imputato.
Lo sviluppo argomentativo del Tribunale, pertanto, appare coerente all'esito di una corretta valutazione e ricostruzione logica del materiale probatorio che resiste alle censure del ricorrente, non essendo neppure censurabili in sede di legittimità gli accertamenti di fatto compiuti in sede di merito.
Cass., IV pen., sent. 18410/2018• Foto: 123rf.com