di Marina Crisafi - È reato fare attestazioni false al dipendente della banca sull'F24. Il modello infatti è un atto pubblico e non una scrittura privata per cui scatta il reato ex art. 483 c.p. Lo ha ricordato la Cassazione con la sentenza n. 18803/2018 (sotto allegata), accogliendo il ricorso della parte civile e annullando la sentenza di merito che aveva assolto l'imputato considerandolo non punibile alla luce della depenalizzazione del reato di falso in scrittura privata art. 485 c.p.
La vicenda
All'uomo era stato contestato, ai sensi dell'art. 483 cod. pen., di avere falsamente attestato, in due modelli di pagamento unificato delle imposte (denominati F 24), di essere stato autorizzato da un altro soggetto a portare in compensazione dei crediti fiscali da questi vantati, a titolo di IVA, con i propri debiti fiscali per imposte non versate negli anni 2004-2005. In appello l'uomo veniva assolto per la riqualificazione del fatto come falso in scrittura privata, in considerazione dell'intervenuta depenalizzazione della condotta.
L'altro soggetto, parte civile, invocava l'intervento della Cassazione, deducendo la violazione di legge in ordine all'errata qualificazione giuridica della condotta, atteso che non vi era dubbio che il modello F24 fosse stato compilato dall'imputato, il quale aveva falsamente attestato di essere stato autorizzato a portare in compensazione dei suoi debiti i crediti del ricorrente, e atteso altresì che, come da opinione costante della giurisprudenza (cfr. tra le altre 18488/2016), il modello costituisce "un atto di fede privilegiata, trattandosi di atto che attesta il pagamento avvenuto alla presenza del dipendente della banca delegata adempiendo così l'obbligazione tributaria con efficacia liberatoria".
Ne discende che l'attestazione dell'imputato era destinata ad essere trasfusa in un atto pubblico così che il relativo falso ideologico era punibile ai sensi dell'art. 483 c.p. come correttamente contestato in origine.
Falso in atto pubblico mentire sul modello F24
Per gli Ermellini, la parte civile ha ragione. L'ormai prevalente orientamento della giurisprudenza, rilevano infatti, "è nel senso che i modelli F 24, di versamento di somme a titolo di imposta presso gli sportelli delle banche delegate a tale incasso, costituiscano degli atti pubblici". Il motivo di tale conclusione risiede nella constatazione che il modello F 24, "compilato dal privato e completato dagli addetti agli istituti di credito delegati per la riscossione delle imposte, funge, per la normativa di settore, da attestazione del pagamento delle stesse, avvenuto alla presenza del dipendente della banca delegata, e costituisce la prova documentale dell'adempimento dell'obbligazione tributaria, con efficacia pienamente liberatoria del contribuente".
Difatti, come si ricava dalla disciplina delle modalità di versamento delle imposte mediante delega (ex art. 19 d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241), "l'Amministrazione finanziaria delega agli istituti bancari l'incasso delle somme dovute a titolo di imposta, attribuendo così alle medesime, ed ai dipendenti che per esse operano e che materialmente eseguono l'operazione, i medesimi poteri attestativi che hanno i propri dipendenti, così che l'atto di versamento e di ricevuta rilasciato assume la medesima efficacia probatoria di quello che sarebbe stato formato dai funzionari pubblici, e di conseguenza, anche la medesima efficacia liberatoria dall'obbligazione tributaria".
Né si possono condividere, prosegue la S.C., le diverse conclusioni cui giunge un orientamento minoritario (tra le altre, vedi Cass. n. 36687/2008), secondo cui il modello F24 costituisce "o solo un attestato del contenuto di altri atti o solo una scrittura privata". Tale modello infatti, non può essere né considerato "un'attestazione del contenuto di un altro e diverso atto ma costituisce esso stesso l'atto di pagamento dell'imposta, visto che, con la sua sottoscrizione e la consegna alla banca delegata, il contribuente incarica (con delega irrevocabile) la banca a corrispondere all'Amministrazione finanziaria la somma contestualmente versata (o a disposizione del contribuente presso il medesimo istituto)", né tantomeno solo una scrittura privata. E' di tutta evidenza infatti che le pronunce in tal senso muovono "da un'incompleta considerazione della natura e della funzione dell'atto che non consiste nella sola dichiarazione di volontà del contribuente di versare le imposte dovute ma che, come si è già ricordato, costituisce anche la prova del pagamento delle stesse, pagamento avvenuto alla presenza del dipendente della banca delegata dall'amministrazione finanziaria a riscuoterle".
Per cui, se il modello F24 è un atto pubblico ne deriva che l'attestazione falsa fatta a chi partecipa alla sua redazione (ossia il dipendente della banca delegato all'incasso), "configura proprio il delitto in origine contestato, previsto e punito dall'art. 483 c.p., la falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico". Dunque, sentenza annullata e parola al giudice del rinvio.
Cassazione sentenza n. 18803/2018
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