La Suprema Corte accoglie quindi l'appello delle Entrate contro la sentenza della Ctr dell'Emilia Romagna che aveva ritenuto, in violazione degli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 446/1997, "insussistente il requisito dell'autonoma organizzazione benchè il contribuente, esercente la professione di avvocato, si fosse avvalso di lavoro altrui nella forma di collaborazioni non occasionali e per prestazioni afferenti all'esercizio della propria attività".
Gli Ermellini decidono, con motivazione semplificata, che il motivo è fondato.
Infatti, secondo la giurisprudenza consolidata (cfr. Cass. n. 1136/2017 e n. 1820/2017), "in tema di Irap, il presupposto dell'autonoma organizzazione richiesto dall'articolo 2 del Dlgs 446/1997 ricorre quando il professionista responsabile dell'organizzazione si avvalga - pur senza un formale rapporto di associazione, della collaborazione di un altro professionista, stante il presumibile intento di giovarsi delle reciproche competenze ovvero della sostituibilità nell'espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio".
Nel caso di specie, la collaborazione non occasionale, desumibile anche dai non trascurabili compensi in favore del coniuge, anch'esso avvocato, era volta ad aumentare le capacità professionali del contribuente, per prestazioni relative alla medesima attività, "attesa la sistematicità del rapporto di collaborazione, a nulla rilevando il mancato impiego di personale dipendente".
Per cui la sentenza è cassata con rinvio.
Cassazione ordinanza n. 10998/2018• Foto: 123rf.com