Per le Sezioni Unite il valore capitalizzato dell'indennità dell'accompagnamento va sottratto dall'ammontare del danno subito da un neonato per colpa medica

di Lucia Izzo - Dall'ammontare del danno subito da un neonato in fattispecie di colpa medica, e consistente nelle spese da sostenere vita natural durante per l'assistenza personale, deve sottrarsi il valore capitalizzato dell'indennità di accompagnamento che la vittima abbia comunque ottenuto dall'Inps in conseguenza di quel fatto.

Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 12567/2018 (qui sotto allegata) affrontando al contempo, in una prospettiva più generale, il principio della c.d. compensatio lucri cum damno, nel dettaglio attualizzato in caso di responsabilità medica.


Difatti, la vicenda portata all'attenzione dei giudici trae origine dalla richiesta di una coppia di genitori per il risarcimento del danno subito dal loro figlio neonato, sano durante la gestazione, a causa della colpa dei sanitari che avevano effettuato il parto cesareo.


I giudici di merito, accertata la concorrente responsabilità colposa dei convenuti, accoglievano la domanda liquidando il danno derivante agli attori e al bambino. Decisione confermata dalla Corte d'Appello secondo cui, tuttavia, dall'importo liquidato alla vittima primaria, non sarebbero dovuto essere essere detratti l'indennità di accompagnamento e il valore delle prestazioni a domicilio erogate dal servizio pubblico.


Ai giudici a quo viene, tuttavia, contestato di aver sovrastimato il danno, non avendo detratto dall'ammontare risarcibile il valore di quella erogazione, pertanto gli Ermellini vengono chiamati a risolvere il rilevato contrasto di giurisprudenza sulla questione, ovvero se dall'ammontare del danno subito da un neonato in fattispecie di colpa medica, e consistente nelle spese da sostenere vita natural durante per l'assistenza personale, debba sottrarsi il valore capitalizzato della indennità di accompagnamento erogata al minore dall'Inps.

Indennità di accompagnamento: il contrasto sulla cumulabilità con il risarcimento del danno

Un primo indirizzo giurisprudenziale, infatti, sostiene la cumulabilità dell'indennità di accompagnamento

con il risarcimento del danno ritenendo che dall'importo liquidato a titolo risarcitorio alla persona (per danno patrimoniale o biologico) non possa essere detratto quanto già percepito dal danneggiato a titolo di speciale erogazione assistenziale connessa all'invalidità, basandosi tale erogazione basandosi su un titolo diverso rispetto all'atto illecito e non avendo finalità risarcitoria.


Altro orientamento, invece, ritiene che nella liquidazione del danno patrimoniale, consistente nelle spese che la vittima di lesioni personali deve sostenere per l'assistenza domiciliare, il giudice debba detrarre dal credito risarcitorio il beneficio spettante alla vittima a titolo di indennità di accompagnamento.


La conclusione nel senso del non-cumulo è ancorata al rilievo che la percezione di tale emolumento incide sulla natura del danno risarcibile, per il semplice fatto che lo elimina in parte poiché "qualsiasi emolumento previdenziale o indennitario può incidere sulla liquidazione del danno aquiliano, se la sua erogazione è intesa a sollevare la vittima dallo stato di bisogno derivante dall'illecito"

Risarcimento e compensatio lucri cum damno

In realtà, le Sezioni Unite rilevano come ciò coinvolga necessariamente l'analisi di un tema di carattere più generale, che attiene alla individuazione della attuale portata del principio della "compensatio lucri cum damno".


Deve chiarirsi, dunque,se e a quali condizioni, nella determinazione del risarcimento del danno da fatto illecito, accanto alla poste negative si debbano considerare, operando una somma algebrica, le poste positive che, successivamente al fatto illecito, si presentano nel patrimonio del danneggiato.


I giudici spiegano che, ove l'atto dannoso porti, accanto al danno, un vantaggio, quest'ultimo dovrà essere calcolato in diminuzione dell'entità del risarcimento: infatti, il danno non deve essere fonte di lucro e la misura del risarcimento non deve superare quella dell'interesse leso o condurre a sua volta ad un arricchimento ingiustificato del danneggiato.


In altri termini, il risarcimento deve coprire tutto il danno cagionato, ma non può oltrepassarlo, non potendo costituire fonte di arricchimento del danneggiato, il quale deve invece essere collocato nella stessa curva di indifferenza in cui si sarebbe trovato se non avesse subito l'illecito.


Come l'ammontare del risarcimento non può superare quello del danno effettivamente prodotto, così occorre tener conto degli eventuali effetti vantaggiosi che il fatto dannoso ha provocato a favore del danneggiato, calcolando le poste positive in diminuzione del risarcimento.


Per la Cassazione, la portata e l'ambito di operatività della figura, ossia i limiti entro i quali la compensatio può trovare applicazione, sono controversi soprattutto là dove il vantaggio acquisito al patrimonio del danneggiato in connessione con il fatto illecito derivi da un titolo diverso e vi siano due soggetti obbligati, appunto sulla base di fonti differenti.


Ed è proprio in tale abito che si colloca la vicenda portata all'esame del Collegio: in essa il duplice rapporto bilaterale è rappresentato, da un lato, dal titolo di responsabilità della struttura ospedaliera e del medico per la colpa di questo per negligenza al parto, da cui discende l'obbligo di risarcire il danno subito dal minore, consistente nelle spese da sostenere per l'assistenza personale vita natural durante.


Dall'altro vi è la relazione discendente dalla legislazione statale di assistenza sociale, la quale, attraverso l'indennità di accompagnamento erogata dall'Inps, assicura a quel minore vittima di lesioni personali una forma di sostegno e di sussidio anche quando l'invalidità dipenda dalla responsabilità di terzi.

Responsabilità medica: risarcimento e accompagnamento non si cumulano

In questa ed in altre fattispecie similari si tratta di stabilire se l'incremento patrimoniale realizzatosi in connessione con l'evento dannoso per effetto del beneficio collaterale avente un proprio titolo e una relazione causale con un diverso soggetto tenuto per legge o per contratto ad erogare quella provvidenza, debba restare nel patrimonio del danneggiato cumulandosi con il risarcimento del danno o debba essere considerato ai fini della corrispondente diminuzione dell'ammontare del risarcimento.


Non vi è dubbio, secondo i giudici che l'indennità di accompagnamento (cfr. legge n. 18/1980) abbia una finalità solidaristica e assistenziale e, nell'erogarla a chi si trova in condizioni di bisogno, lo Stato risponde all'interesse di tutta la collettività alla tutela della persona umana in situazione di difficoltà.


Tuttavia, per il Supremo Consenso, il computo del beneficio, ai fini dell'operazione di corretta stima del danno, non è escluso dallo spirito di solidaristica che lo anima, ma all'uopo deve ricorrere una duplice condizione.


La prima condizione è che il vantaggio abbia la funzione di rimuovere le conseguenze prodottesi nel patrimonio del danneggiato per effetto dell'illecito, mentre la seconda è che sia legislativamente previsto un meccanismo di riequilibrio idoneo ad assicurare che il responsabile dell'evento dannoso, destinatario della richiesta risarcitoria avanzata dalla vittima, sia collateralmente obbligato a restituire all'amministrazione pubblica l'importo corrispondente al beneficio da questa erogato all'assistito.


Nella specie l'esito di queste verifiche conduce a ritenere applicabile lo scomputo da compensatio, con la sottrazione, dall'ammontare del risarcimento del danno, del valore capitalizzato della indennità di accompagnamento.


Per un verso, infatti, l'indennità di accompagnamento prevista dalla legge ed erogata in favore del danneggiato in conseguenza della minorazione invalidante, è rivolta a fronteggiare e a compensare direttamente (non mediatamente) il medesimo pregiudizio patrimoniale causato dall'illecito.

In sostanza, vista dal lato dell'assistito-danneggiato, la percezione del beneficio dell'indennità di accompagnamento, essendo rivolta alla medesima copertura degli oneri di assistenza provocati dal fatto illecito del terzo, assume la valenza di un anticipo, per ragioni di solidarietà sociale ed in presenza della lesione di interessi primari costituzionalmente protetti, della somma che potrà essere ottenuta dal terzo a titolo di risarcimento del danno.


La previsione dell'azione ex art. 41 della legge n. 183 del 2010, diretta a consentire all'istituto pubblico erogatore di recuperare dal terzo responsabile quanto corrisposto al proprio assistito, impedisce a quest'ultimo di cumulare, per lo stesso danno, la somma già riscossa a titolo di beneficio assistenziale con l'intero importo del risarcimento.


Deve dunque ritenersi che dall'ammontare del risarcimento subito dal neonato e cagionato da colpa medica, consistente nelle spese per la sua assistenza personale vita natural durante, vada sottratto il valore capitalizzato dell'indennità d'accompagnamento ottenuta dall'Inps in conseguenza di quello stesso fatto.

Cass., Sezioni Unite, sent. 12567/2018

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