Avv. Paolo Accoti - In questi giorni infuria la polemica per la mancata formazione del Governo in virtù del "veto" posto dal Presidente della Repubblica alla nomina, al dicastero dell'Economia, del prof. Paolo Savona.
Il Paese e le forza politiche si dividono in relazione agli effettivi poteri del Presidente della Repubblica e, pertanto, se sia stato legittimo, o meno, il rifiuto del Capo dello Stato alla nomina dell'economista a Ministro della Repubblica ruolo, peraltro, già ricoperto in passato, essendo stato tra gli anni '93 e '94 Ministro dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato del Governo presieduto da Carlo Azeglio Ciampi.
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"Cenni introduttivi" alla Costituzione
La norma di riferimento nel caso di specie, è quella di cui all'art. 92 della Costituzione, il quale testualmente recita: <<Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri>>.
Dal tenore letterale del disposto normativo si intuisce subito che sia una vera e propria prerogativa del Presidente della Repubblica la <<nomina>> dei Ministri che avviene su <<proposta>> del Presidente del Consiglio, nel frattempo nominato dallo stesso Capo dello Stato.
Tuttavia, per comprendere meglio l'effettiva portata dell'art. 92 della Costituzione, senza limitarci al mero dato letterale, cerchiamo di analizzarla nel suo complesso, anche ricorrendo ai "lavori preparatori" della stessa.
La Commissione per la Costituzione, deputata alla redazione del progetto di Costituzione constava di 75 deputati, designati dai gruppi parlamentari dell'epoca (giugno 1946) e nominata dal Presidente dell'Assemblea, On.le Giuseppe Saragat.
Tra i suoi componenti si ricordano gli Onorevoli Calamandrei, Einaudi, Fanfani, lotti, La Pira, Leone, Merlin, Moro, Mortati e Togliatti.
Al suo interno si crearono tre sottocommissioni cui vennero delegate altrettante materie, tra cui, <<Diritti e doveri dei cittadini>>, affidata alla prima sottocommissione, <<Ordinamento costituzionale della Repubblica>>, di competenza della seconda sottocommissione, a sua volta suddivisa in due sezioni e, infine, <<Diritti e doveri economici-sociali>>, affidati alla terza e ultima commissione.
In questa sede, e con specifico riferimento ai poteri del Presidente della Repubblica, il riferimento va ai lavori relativi all'<<Ordinamento costituzionale della Repubblica>>, seguiti, come detto dalla <<SECONDA SOTTOCOMMISSIONE: Terracini, presidente; Perassi, segretario; Ambrosini, Bocconi, Bordon, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Cannizzo, Cappi, Castiglia, Codacci Pisanelli, Conti, De Michele, Di Giovanni, Einaudi, Fabbri, Farini, Finocchiaro Aprile, Froggio, Fuschini, Grieco, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Giovanni Leone, Lussu, Mannironi, Mortati, Nobile, Piccioni, Porzio, Ravagnan, Paolo Rossi, Targetti, Tosato, Uberti e Zuccarini. Prima Sezione: Potere esecutivo: Terracini, presidente; Perassi, Bordon, Castiglia, Codacci Pisanelli, De Michele, Einaudi, Fabbri, Finocchiaro Aprile, Fuschini, Grieco, Lami Starnuti, La Rocca, Lussu, Mortati, Nobile, Piccioni, Paolo Rossi, Tosato e Zuccarini. Seconda Sezione: Potere giudiziario: Conti, presidente; Ambrosini, Bocconi, Bozzi, Bulloni, Calamandrei, Cannizzo, Cappi, Di Giovanni, Farini, Laconi, Giovanni Leone, Mannironi, Porzio, Ravagnan, Targetti e Uberti.>>.
Ciò posto, nei cenni introduttivi di "La Costituzione della Repubblica Italiana. Illustrata con i lavori preparatori da Vittorio Falzone, Filippo Palermo, Francesco Cosentino del Segretario della Camera dei Deputati, con prefazione di Vittorio Emanuele Orlano", Camera dei Deputati 28 Aprile 1949 (http://documenti.camera.it/bpr/14611_testo.pdf), si legge che <<La sovranità del popolo si esplica, mediante il voto, nell'elezione del Parlamento e nel referendum. E poiché anche il referendum si inserisce nell'attività legislativa del Parlamento, il fulcro concreto dell'organizzazione costituzionale è qui, nel Parlamento; che non è sovrano di per se stesso; ma è l'organo di più immediata derivazione dal popolo; e come tale riassume in sé la funzione di fare le leggi e di determinare e dirigere la formazione e l'attività del governo.>>.
Tuttavia, <<La posizione preminente del Parlamento non toglie che gli altri organi costituzionali abbiano funzioni e, quindi, poteri propri. Il capo dello Stato è regolatore ed equilibratore fra tutti i poteri ed organi dello Stato, compreso il Parlamento. Né il «potere esecutivo», che spetta al Governo, è di mera esecuzione; è piuttosto il «potere attivo», che, pur svolgendosi nei limiti, tracciati dalla legge, deve aver iniziative ed autonomia, per provvedere, come è suo compito, ai bisogni che sono condizione preliminare ed originaria della vita dello Stato.>>.
La ragione di una tale modulazione di "poteri" e, pertanto, di equilibrio tra i vari organi dello Stato risiede nel fatto che <<Vi è un punto che non si deve mai perdere di vista in nessun momento, in nessun articolo della Costituzione: il pericolo di aprire l'adito a regimi autoritari e antidemocratici. Si sono a tale scopo evitati due opposti sistemi.>>, si è voluto, pertanto, escludere un preminenza dell'organo esecutivo, il Governo che, come si legge testualmente nei cenni introduttivi, <<ebbe nel fascismo l'espressione più spinta>>.
L'art. 92 della Costituzione
Come detto, la norma cardine che ha scatenato il dibattito sul potere di "veto" del Presidente della Repubblica, è data dall'art. 92 Cost., il quale nell'attuale formulazione prevede che <<Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri>>.
Nella discussione che si accese attorno alla formulazione del menzionato art. 92, per come è dato leggere nell'opera citata, e con particolare riferimento al Presidente del Consiglio dei Ministri, si legge, <<Il presidente della Commissione, on. Ruini, così replicò: …. Anche l'on. Laconi mi sembra non tenga conto di quanto già avviene, e non vi è nessuna ragione che sia modificato. In caso di crisi, il capo dello Stato, dopo aver incaricato un uomo politico di formare il nuovo Gabinetto, lo nomina, ove quello riesca, presidente del Consiglio con un decreto distinto; poi, su proposta del presidente stesso, nomina i ministri che comporranno, sotto la presidenza del già nominato presidente, il Consiglio dei ministri. Sono due atti distinti di nomina, e che lo siano è perfettamente logico e costituzionalmente corretto... Noi non dobbiamo intaccare il concetto stesso di presidente del Consiglio, che deve restare la figura direttiva e coordinatrice, che traduce in atto l'indispensabile esigenza dell'unità e solidarietà del Gabinetto» (A. C, pag. 1501).>>.
A tal osservazione <<L'on. Laconi dichiarò di non avere alcuna intenzione di intaccare la prassi consuetudinaria in vigore, ma nemmeno di conferire ad essa un rilievo costituzionale, perché «il farlo risultare nella Costituzione significa rendere responsabile rispetto al Presidente della Repubblica e rispetto alle Camere il primo ministro: significa accettare il metodo delle dimissioni del primo ministro che comportano automaticamente le dimissioni del Governo. Noi pensiamo che questo metodo non sia democratico... Non si deve riconoscere al presidente del Consiglio il diritto di considerarsi rappresentante unico di tutto il Governo; la sua volontà deve essere sempre condizionata al voto di tutto l'organo collegiale che egli presiede» (A. C, pag. 1502).>>.
Così chiarita la figura di guida e organizzazione del Presidente del Consiglio dei Ministri, occorre fare un passo indietro ed esaminare il dibattito scaturito in Commissione Costituente in relazione all'art. 94 della Costituzione, quello che stabilisce i poteri e le prerogative del Presidente della Repubblica.
<<IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA È IL CAPO DELLO STATO E RAPPRESENTA L'UNITÀ NAZIONALE. — Il primo comma, nel testo approvato dalla sottocommissione, era il seguente: «Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e lo rappresenta». Il Comitato di redazione, al fine di ampliare il concetto espresso dalla parola «e lo rappresenta», sostituì: «e rappresenta 1 unità nazionale». Il presidente Ruini, nella sua relazione al progetto, così chiariva: «sta, ad ogni modo, che nel nostro progetto il Presidente della Repubblica non è l'evanescente personaggio, il motivo di pura decorazione, il maestro di cerimonie che si volle vedere in altre costituzioni. Mentre il primo ministro è il capo della maggioranza e dell'esecutivo, il Presidente della Repubblica ha funzioni diverse, che si prestano meno ad una definizione giuridica di poteri. Egli rappresenta ed impersona l'unità e la continuità nazionale, la forza permanente dello Stato, al di sopra delle fuggevoli maggioranze. E il grande consigliere, il magistrato di persuasione e di influenza, il coordinatore dì attività, il capo spirituale, più ancora che temporale, della Repubblica. Ma perché possa adempiere a queste essenziali funzioni deve avere consistenza e solidità di posizione nel sistema costituzionale». E ancora: «il capo dello Stato non governa, la responsabilità dei suoi atti è assunta dal primo ministro e dai ministri che li controfirmano; ma le attribuzioni che gli sono specificamente conferite dalla Costituzione e tutte le altre che rientrano nei suoi compiti generali, gli danno infinite occasioni di esercitare la missione di equilibrio e di coordinamento che gli è propria». …. Durante la discussione generale in Assemblea l'on. Ambrosini, premesso di non essere per nulla favorevole al sistema direttoriale, tipo Svizzera, né al sistema presidenziale e dichiarandosi favorevole al sistema parlamentare {cfr. note all'art. 55), dichiarò che occorreva creare un potere esecutivo forte e che «per avere un potere esecutivo forte è anzitutto necessario avere un capo dello Stato che non sia soltanto un simbolo» .... Bisogna evitare che la posizione del capo dello Stato sia resa instabile, non solo in diritto - il che fa il nostro progetto di Costituzione - ma anche in via di fatto, il che noi dobbiamo raccomandare alle future assemblee legislative, perché nel funzionamento della macchina parlamentare e dell'esecutivo non ricorrano a quegli espedienti che possano indurre o costringere il capo dello Stato alle dimissioni, come varie volte avvenne in Francia, sotto la terza Repubblica, con tutte le conseguenze che gli storici hanno constatato» (A. C, pagg. 220-221).>>.
Le conclusioni
Così delineate entrambe le figure istituzionali, ricondotta la figura del Presidente della Repubblica non ad un mero "orpello", bensì a quella di <<forza permanente dello Stato>>, con compiti di coordinamento che soprassiedono anche alle varie maggioranze di Governo, non può revocarsi in dubbio che lo stesso abbia certamente il potere di rifiuto in merito alla nomina dei Ministri, non trattandosi di un atto di mera ratifica rispetto alla proposta avanzata dal Presidente del Consiglio.
Evenienza, peraltro, già verificatasi in passato, dal 1979 con il rifiuto di Pertini alla nomina a Ministro di Cossiga, passando per l'anno 1994 e poi al 2001, con Berlusconi alla guida del Governo e, da ultimo, nel 2014, sotto la guida Renzi.
Altrettanto certo, tuttavia, è che in questi casi s'imporrebbero delle motivazioni ufficiali e più esaustive rispetto a quelle "di stile", circolate in questi giorni, in merito ad un presunto "antieuropeismo".
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