di Lucia Izzo - Gli sposi hanno diritto al risarcimento del danno patrimoniale a causa della perdita delle foto del matrimonio causata dallo studio fotografico incaricato del servizio; non spetta, invece, alcun ristoro per il danno morale ed esistenziale che si assume derivante dalla lesione di un ipotetico diritto "alla memoria" o "al ricordo".
Nonostante la data delle nozze rivesta per i nubendi un'innegabile importanza, il danno in esame non assurge a una gravità tale da incidere su interessi di rango costituzionale, circostanza alla quale la giurisprudenza ricollega un possibile risarcimento non patrimoniale.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 13370/2018 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di una donna che aveva chiamato in giudizio uno studio fotografico affinché questo venisse condannato a risarcirle i danni dovuti alla mancata consegna del servizio fotografico commissionato per il matrimonio.
Il giudice di prime cure, ritenne la società totalmente inadempiente alle obbligazioni assunte nel contratto per aver perduto le fotografie scattate durante il matrimonio dell'attrice e riconobbe, altresì, il risarcimento del danno non patrimoniale, da qualificare come danno morale ed esistenziale.
Per il Tribunale, l'assenza del servizio fotografico avrebbe inciso negativamente sulla vita della donna che non avrebbe potuto rivivere nel tempo le emozioni del matrimonio attraverso le fotografie. Di diverso avviso, invece, la Corte d'Appello che negava il ristoro in parola non essendo gli interessi tutelati costituzionalmente rilevanti e non integrando la fattispecie un fatto di reato.
D'altronde, secondo la Corte, l'incontestata esistenza di un servizio video avrebbe escluso in radice il pregiudizio, potendo la coppia rivivere il proprio matrimonio attraverso le immagini della ripresa e ricavare dalla stessa immagini fotografiche.
Fotografie del matrimonio perdute? Niente danno morale o esistenziale
In Cassazione, la sposa contesta tale decisione, ovvero il riconoscimento del solo danno patrimoniale risarcibile e non anche di quello non non patrimoniale. Sul punto, gli Ermellini prendono le mosse da una pronuncia delle Sezioni Unite (cfr. n. 26972/2008) che ha ritenuto applicabile il principio di cui all'art. 2059 c.c. anche all'illecito contrattuale.
In pratica, secondo il Supremo Consesso, tale norma non disciplina un'autonoma fattispecie di illecito, distinta da quella di cui all'art. 2043 c.c., ma si limita a disciplinare i limiti e le condizioni di risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali ove sussistano tutti gli elementi costitutivi dell'illecito richiesti dall'art. 2043 c.c. (condotta illecita, ingiusta lesione di interessi tutelati dall'ordinamento, nesso causale tra la prima e la seconda, sussistenza di un concreto pregiudizio patito dal titolare dell'interesse leso).
Secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., ovvero che il danno non patrimoniale sia risarcibile nei soli casi "previsti dalla legge", deve essere inteso che esso è risarcibile:
- quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato;
- quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di un'ipotesi di reato;
- quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale.
Nel caso di specie, oggetto di censura è proprio il mancato riconoscimento della grave lesione di un interesse di rango costituzionale, individuato nel diritto "alla memoria" di un evento di particolare importanza della propria vita, poiché espressione del diritto all'identità personale di cui all'art. 2 della Costituzione.
Tuttavia, per il Collegio, "pur essendo innegabile il rilievo che la data delle nozze riveste per gli sposi, e pur trattandosi di una situazione certamente in grado di creare turbamenti d'animo, il danno in esame non assurge a una gravità tale da incidere su interessi di rango costituzionale".
I giudici ritengono, quindi, che il dritto a ricordare il giorno del matrimonio attraverso le fotografie non costituisca, di per sè, un diritto fondamentale della persona tutelato a livello costituzionale, trattandosi, invece, di un diritto rimesso esclusivamente agli stessi sposi, i quali, per varie ragioni, potrebbero anche decidere di affidare il ricordo alla sola propria memoria.
Si tratta quindi, conclude la sentenza, di un diritto "immaginario", non idoneo, in base alla regola enunciata dalle Sezioni Unite, a essere fonte di un obbligo rissrcitorio in relazione al danno non patrimoniale. Il ricorso va dunque rigettato.
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