di Annamaria Villafrate - La Cassazione, nell'ordinanza n. 14680/2018 (sotto allegata), riconosce nella condotta dell'Ufficiale Giudiziario, che affigge al cancello dell'immobile sequestrato per presunto abuso edilizio l'ordinanza integrale con i dati identificatici dell'indagato, una violazione della privacy. Per quanto riguarda invece il risarcimento del danno derivante da lesione del diritto alla riservatezza è necessario che la condotta potenzialmente lesiva della reputazione sia stata posta in essere concretamente. Non è sufficiente infatti avanzare richiesta risarcitoria sulla base della "possibile visione, da parte di indeterminati terzi" dei dati personali.
La vicenda processuale
Il ricorrente in Cassazione subisce il sequestro
probatorio di un immobile costruito abusivamente. Contro il provvedimento propone ricorso, ma il giudice dispone anche il sequestro preventivo perché l'immobile risulta sottoposto a vincolo probatorio. A questo punto l'Ufficiale di Polizia Giudiziaria del Servizio Guardia-parco, unitamente agli agenti di Polizia Giudiziaria affigge sul cancello d'ingresso dell'immobile sequestrato la copia integrale dell'ordinanza che impone il vincolo reale in cui sono riportati i dati identificativi delresponsabile dell'abuso edilizio. Solo in seguito si provvede alla sostituzione del provvedimento senza i dati identificativi del soggetto indagato. Con ricorso art. 152 dlgs. n. 196/2003 il soggetto indagato conviene in giudizio il Servizio Ente Parco Regionale perché l'affissione dell'ordinanza integrale "configura una violazione del Codice Privacy" a cui consegue il diritto al risarcimento dei danni di € 100.000,00 o nella misura maggiore o minore di giustizia, per lesione della riservatezza. Il Tribunale rigetta la richiesta risarcitoria del ricorrente, che propone quindi ricorso in Cassazione.I motivi del ricorso in Cassazione
Il ricorso in Cassazione si affida ai seguenti motivi:
- violazione o falsa applicazione degli artt. 4, 11, 22, 46 e 47 del dlgs. n. 196/2003 e artt. 59 e 260 c.p.c poiché il giudice impugnato non si è pronunciato, neppure implicitamente, sulla domanda di accertamento della illegittimità e illiceità del comportamento tenuto dall'Ufficiale di Polizia Giudiziaria del Servizio Guardia-parco;
- nullità del procedimento e violazione dell'art. 116 c.c. per il mancato riconoscimento del diritto al risarcimento del danno in virtù di un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 codice civile.
Cassazione: si alla violazione privacy, no al risarcimento
Con l'ordinanza n. 14680/2018 la Cassazione, in relazione al primo motivo di ricorso sancisce che: "… la critica risulta mal proposta. Diversamente da quanto afferma il ricorrente, il Tribunale una pronuncia implicita in materia l'ha emessa. Il Giudice ha affermato che il (…) si è comportato da titolare del trattamento dei dati personali, perché la delega dell'Autorità Giudiziaria all'esecuzione del sequestro non comportava la divulgazione dei dati, ed avendo egli provveduto alla loro diffusione, ha violato la normativa vigente in materia di privacy."
Per quanto riguarda invece la richiesta risarcitoria la Corte conferma la decisione di rigetto della Corte di merito poiché: "Invero, il Giudice di prime cure ha rigettato la richiesta risarcitoria avanzata dall'odierno ricorrente, osservando che questi si era limitato a - paventare di avere subito un discredito alla propria reputazione lavorativa dalla possibile visione, da parte di indeterminati terzi, dell'ordinanza integrale di sequestro del proprio immobile, nell'ambito del processo per presunti abusi edilizi. (…) Le generiche allegazioni del ricorrente, nel caso di specie, non consentono di ritenere integrato un danno alla sua reputazione di cui possa ordinarsi il risarcimento." In effetti: "ove una condotta potenzialmente lesiva della reputazione sia stata posta in essere, ma in concreto tale comportamento non sia stato percepito da nessuno, non rimane integrato un danno civilisticamente risarcibile.".
Cassazione ordinanza n. 14680-2018• Foto: 123rf.com