di Annamaria Villafrate - Il mancato mantenimento al figlio minore è punibile anche se lo stesso non versa in stato di bisogno. E il non versare l'assegno è reato anche per il nuovo articolo 570-bis c.p. E' quanto ha disposto la Cassazione penale con sentenza n. 27175/2018 (sotto allegata), la quale, dopo l'analisi dettagliata della normativa previgente all'art. 570 bis c.p. introdotto dal dlgs. n. 21/2018, sancisce che la norma è applicabile al caso di specie perché di fatto non ha mutato la struttura dell'illecito penale, precisando infine che ai fini della configurazione del reato non rileva che il minore a cui è dovuto il mantenimento non si trovi in uno stato di bisogno grazie all'aiuto economico del nonno.
- La vicenda processuale
- Cassazione: è applicabile il nuovo art 570 bis c.p.
- L'assegno è dovuto anche se la minore non è in stato di bisogno
La vicenda processuale
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La Corte d'appello di Milano conferma la sentenza del tribunale di primo grado che condanna l'imputato per il reato di cui all'art. 12 sexies l. 1 dicembre 1979 n. 898, perché non ha corrisposto l'assegno mensile di mantenimento in favore della figlia minore e il 50% delle spese mediche straordinarie documentate, come disposto dalla sentenza di scioglimento del matrimonio.
Il difensore dell'imputato propone quindi ricorso in Cassazione contestando, tra l'altro, la violazione dell'art. 570 c.p e rilevando un vizio di motivazione nella sentenza impugnata poiché la Corte non ha motivato in merito "all'effettivo stato di bisogno della minore" avendolo desunto dal fatto che ad aiutare la madre nella crescita della bambina sia intervenuto il padre (nonno della minorenne) assicurando nel tempo un contributo economico. La difesa dell'imputato ritiene infatti che "si sarebbe valorizzato solo un presunto stato di bisogno, in realtà insussistente, attese le agiate condizioni economiche della madre della minore."
Cassazione: è applicabile il nuovo art 570 bis c.p.
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La Corte di Cassazione, ritiene che al caso di specie sia applicabile l'art. 570 bis c.p (introdotto dal dlgs n. 21 del 1 marzo 2018) secondo il quale: "Le pene previste dall'articolo 570 (reclusione fino a un anno o con la multa da centotré euro a milletrentadue euro) si applicano al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli".
Il problema relativo alla successione delle leggi penali del tempo viene argomentato esaustivamente dalla Cassazione.
L'art 570 bis c.p infatti si limita a riprodurre "le previgenti disposizioni penali contenute all'art. 12-sexies della l. 1 dicembre 1970 n. 898 e all'art. 3 della legge 8 febbraio 2006, n. 54, norme che, conseguentemente, sono state espressamente abrogate dall'art. 7, lett. b) e d) dlgs n. 21 del 2018." Pertanto "Per quanto rileva nel presente processo, la nuova norma, quanto alla violazione dell'obbligo di corresponsione dell'assegno stabilito in sede giudiziale in favore dell'altro coniuge e/o figli a seguito della cessazione degli effetti civili del matrimonio, si pone in chiara continuità normativa, essendo rimasta immutata la struttura del reato".
L'assegno è dovuto anche se la minore non è in stato di bisogno
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Risolte le questioni di applicabilità dell'art. 570 bis c.p. sul vizio di motivazione la Cassazione non rileva difetti di congruità o correttezza logica nella sentenza impugnata perché "I giudici di appello hanno preso in esame tutte le deduzioni difensive e sono pervenuti alla sostanziale conferma della sentenza di primo grado attraverso un esame completo ed approfondito delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile sotto il profilo della congruità e della correttezza logica. In particolare si è sottolineato come sia stato dimostrato l'inadempimento del ricorrente almeno sino alla data del 07/04/2013 e come lo stato di bisogno della minore fosse indirettamente confermato dalla necessità di intervenire in suo aiuto da parte del nonno materno. Si tratta di argomentazioni che, oltre ad essere del tutto logiche e pienamente alle rispondenze processuali, costituiscono applicazione di consolidati orientamenti della giurisprudenza di legittimità in materia".
Cassazione sentenza n. 27175-2018