di Lucia Izzo - Rappresenta una violazione dell'art. 8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo il sequestro e l'apertura della corrispondenza intercorrente tra il cliente e il suo avvocato, anche se questo si verifica fuori dallo studio legale.
Così si è espressa la Corte EDU nella sentenza depositata il 24 maggio (qui sotto allegata in francese) e riguardante il caso "Laurent contro Francia" (ricorso n. 28798/13). A rivolgersi alla Corte era stato un avvocato che aveva rilevato una violazione del diritto alla confidenzialità delle comunicazioni tra clienti e avvocati.
In particolare, il caso trae origine dalla vicenda che aveva visto coinvolto l'avvocato e un suo cliente: il professionista, al termine di un'udienza in Tribunale, aveva consegnato a quest'ultimo, sottoposto a misura detentiva e scortato dalla polizia, un foglietto di carta sul quale aveva segnato alcuni appunti, ma questo era stato sequestrato da uno degli agenti presenti in aula.
Nonostante si fosse dapprima rivolto ai giudici nazionali per veder tutelare il proprio diritto alla riservatezza nella corrispondenza con il suo cliente, questi avevano respinto le sue doglianze. Da qui il ricorso innanzi ai giudici di Strasburgo che, invece, hanno deciso in maniera differente accogliendo il ricorso.
Avvocati: protezione privilegiata al diritto alla corrispondenza col cliente
I giudici europei hanno ritenuto che il sequestro e l'apertura della corrispondenza dell'avvocato con il suo cliente non fossero stati giustificati da alcun bisogno sociale imperativo e, dunque, apparivano come un gesto non necessario in una società democratica e in contrasto con l'art. 8 della Convenzione.
La consegna di un pezzo di carta sul quale l'avvocato aveva scritto un messaggio prima di consegnarlo al suo cliente, secondo la Corte EDU, deve essere considerato corrispondenza protetta ai sensi della menzionata norma.
Il diritto alla corrispondenza del legale, infatti, gode di una protezione privilegiata e deve ritenersi pertanto irrilevante la forma o il contenuto del documento poiché, qualunque sia il suo scopo, la corrispondenza tra avvocati e clienti interessa questioni di carattere privato e confidenziale.
Un'ingerenza simile potrebbe essere ammessa solo innanzi a circostanze eccezionali e in presenza di un bisogno sociale imperativo, ad esempio il fondato sospetto di un abuso o di un atto illecito. Nel caso in esame, tuttavia, non è apparsa alcuna ragione tale da giustificare che il foglietto in questione facesse nascere simili sospetti e in alcun modo era stato dimostrato il contrario.
Nella fattispecie, infatti, l'avvocato, aveva scritto e consegnato i documenti in questione ai suoi clienti sotto lo sguardo dell'ufficiale di polizia, senza tentare di nascondere le sue azioni. Dunque, in assenza di qualsiasi sospetto di atto illecito, per la CEDU l'acquisizione dei documenti non poteva essere giustificata.
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