di Lucia Izzo - Se nel dispositivo della sentenza non vengono liquidate le spese che il giudice aveva, nella parte motiva, annunciato di voler porre a carico della parte soccombente, non sarà necessario impugnare il provvedimento potendosi all'uopo ricorrere alla procedura di correzione dell'errore materiale.
Diverso è il caso in cui nella parte motiva della pronuncia non sia stata espressa alcuna volontà di porre gli esborsi a carico del soccombemte, configurandosi in tal caso un contrasto insanabile fra motivazione e dispositivo che esclude il ricorso alla procedura ex articolo 287 e s.s. c.p.c. e seguenti per ottenere la quantificazione delle spettanze del difensore.
È il principio affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 16415/2018 (qui sotto allegata) che ha risolto un contrasto interpretativo allo scopo di realizzare i principi costituzionali della ragionevole durata del processo e del giusto processo.
La questione rimessa alle Sezioni Unite e ritenuta di particolare importanza, riguarda se, a fronte della mancata liquidazione delle spese in dispositivo, sebbene in parte motiva il giudice abbia espresso la propria volontà di porle a carico della parte soccombente, la parte interessata debba esperire gli ordinari mezzi di impugnazione oppure fare ricorso alla procedura di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e ss. del codice di procedura civile.
In sostanza, punto nodale della questione, è se la procedura di liquidazione delle spese processuali richiede al giudice una mera operazione tecnico esecutiva, da svolgersi sulla base di presupposti e parametri oggettivi, o se invece, lungi dal caratterizzarsi come meramente vincolata e materiale, sia invece una espressione della potestas iudicandi.
Errore materiale ed errore di giudizio: le differenze
La conclusione adottata sul punto dai giudici del Supremo Consesso nomofilattico giunge a seguito di un ampio e articolato ragionamento che affonda le sue radici nell'evoluzione della nozione di errore materiale, sia in dottrina che i giurisprudenza, e nella distinzione tra questo e il c.d. errore di giudizio.
Deve tuttavia ritenersi che la giurisprudenza e la dottrina più recenti abbiano superato le definizioni tradizionali relative alla distinzione fra i due tipi di errori: si è preferito escludere ogni indagine sulla volontà del giudice, ponendo in rilievo il fatto che l'errore materiale consiste in un difetto di corrispondenza fra l'ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione nel provvedimento, purché questo sia evincibile dal confronto fra la parte inficiata dall'errore e le considerazioni contenute nella motivazione, per cui può dedursi che tale errore è dovuto ad una svista o a una disattenzione.
Sul punto viene ritenuta significativa la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite, n. 16037/2010, che ha ritenuto debba considerarsi "errore materiale qualsiasi errore anche non omissivo che derivi dalla necessità di introdurre nel provvedimento una statuizione obbligatoria consequenziale a contenuto predeterminato, oppure una statuizione obbligatoria di carattere accessorio anche se a contenuto discrezionale".
Partendo da tali caratteri identificativi dell' errore materiale, le Sezioni Unite richiamate hanno dunque ritenuto ammissibile la correzione quando l'omissione investa il solo dispositivo, considerandola più una mancanza materiale che non un vizio di attività o di giudizio da parte del giudice.
Correzione errori materiali se nel dispositivo manca la liquidazione delle spese
Nella sentenza in esame, i giudici hanno confermato, senza dubbio, la natura accessoria che la liquidazione delle spese riveste nell'economia della decisione, non incidendo sul contenuto sostanziale della stessa, in quanto totalmente estranea al merito del giudizio e alla pronunzia principale, se non per il rilievo della soccombenza.
L'attività di liquidazione delle spese processuali, in definitiva, finisce per consistere in uno svolgimento di un'operazione tecnico esecutiva da realizzare sulla scorta di presupposti e parametri oggettivi fissati dalla legge, e nei limiti quantitativi in essa previsti.
Di conseguenza, spiega la Cassazione, una volta che nella motivazione della sentenza il giudice abbia provveduto col porre le spese a carico del soccombente, l'omissione degli importi contenuta nel dispositivo della sentenza deve essere integrata con il procedimento di correzione degli errori materiali.
Tuttavia, il Collegio previsa che la parte motiva della sentenza dovrà necessariamente contenere la statuizione che pone le spese a carico del soccombente, perché solo in tal caso la divergenza fra la motivazione, che regola il carico delle spese fra le parti, e il dispositivo, in cui è stata omessa la liquidazione delle stesse, rientra nella statuizione principale.
In caso contrario, invece, la divergenza darebbe luogo a contrasto insanabile fra motivazione e dispositivo, che escluderebbe la procedura di correzione di errore materiale.
La possibilità di utilizzare la procedura della correzione degli errori materiali in ipotesi di omessa liquidazione delle spese processuali, concludono i giudici, risulta infatti funzionale alla realizzazione dei principi costituzionali della ragionevole durata del processo e del giusto processo.
Tale rimedio garantisce maggiore celerità ed è dunque il più consono a salvaguardare l'effettività di tale principio che impone al giudice, anche nell'interpretazione dei rimedi processuali, di evitare comportamenti che siano di ostacolo a una sollecita definizione della causa, evitando l'inutile dispendio di attività processuali, non giustificate né dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, nè da effettive garanzie di difesa.