Il caso di specie
Un perito conveniva in giudizio una compagnia assicuratrice per ottenere il pagamento di un incarico professionale che questi aveva svolto ed espletato.
La domanda giudiziale veniva accolta dal Giudice di Pace ma veniva rigettata, in grado di appello, dal Tribunale.
Il Tribunale perveniva ad una tale decisione ravvisando nella fattispecie de qua un'ipotesi di frazionamento abusivo del credito.
Nella prospettazione del giudice di merito, i diversi incarichi professionali erano riconducibili ad un unico contratto d'opera intercorrente tra le parti.
A conferma di tale statuizione, si adduceva che il perito si fosse dotato di un sistema informatico attraverso il quale venivano accettate le sole parcelle conformi a determinati criteri amministrativi.
Una tale circostanze era sintomatica del fatto che le parti non stipulavano di volta in volta contratti separati per ogni incarico.
Si rilevava altresì che non sussistesse alcun interesse meritevole di tutela al fine di consentire il frazionamento del credito in una pluralità di processi.
Le doglianze del ricorrente
Il perito ricorre in Cassazione denunciando la violazione del canone di buona fede nell'esecuzione del contratto e lamentando, altresì, l'erronea interpretazione dei principi elaborati dalle Sezioni Unite, con la nota sentenza 23726/2017, in tema di frazionamento abusivo del credito.
Si sostiene che l'ipotesi in questione (frazionamento abusivo del credito), ricorre solo qualora vi sia un unico rapporto obbligatorio, quest'ultimo caratterizzato da un'unica ragione giustificativa.
Siffatti presupposti non vi sarebbero nel caso di specie dal momento che la compagnia assicuratrice avrebbe sempre conferito singoli e distinti incarichi professionali.
La predisposizione di uno schema unico per i compensi non attesterebbe alcuna unitarietà del rapporto ma, al contrario, risponderebbe ad una sola esigenza organizzativa dell'ente assicuratore.
La sussistenza di distinti rapporti professionali, ciascuno per ogni sinistro stradale, con distinte e autonome perizie, consentirebbe di agire in giudizio per ottenere il pagamento di un singolo incarico professionale.
La decisione della Cassazione
I giudici di legittimità con l'ordinanza in commento, n. 16993/2018, confermano la decisione assunta dal Tribunale, ponendosi in assoluta linearità con i principi nomofilattici elaborati dalle Sezioni Unite in materia.
E' imprescindibile l'accertamento svolto dal Tribunale dal quale è emerso che il perito abbia svolto un'attività di consulenza continuativa e regolata in maniera uniforme.
Il compenso veniva infatti percepito con esclusivo riferimento al numero di sinistri periziati, prescindendone dal relativo contenuto e con accettazione delle parcelle attraverso un sistema informatico.
Questi dati fattuali attestano in modo univoco che tra le parti sia intercorso un unico rapporto di durata.
Come anticipato, le Sezioni Unite hanno affermato che non costituisca un'ipotesi di frazionamento abusivo del credito, la presentazione di una pluralità di domande giudiziali aventi ad oggetto diritti di credito distinti e diversi, seppur riferiti ad un medesimo rapporto obbligatorio.
E' importante però focalizzare l'attenzione sulla precisazione che il Supremo Consesso ha svolto in tale occasione.
Qualora le pretese creditorie attengano il medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o siano fondate sui medesimi fatti costituivi, la possibilità di presentare autonomi giudizi è condizionata alla sussistenza di un interesse oggettivamente valutabile in capo al creditore.
Questo ulteriore requisito è posto al fine di evitare contrasti pratici tra giudicati, duplicazioni dell'attività istruttoria e, da ultimo, dispersione della conoscenza dell'identica vicenda sostanziale.
L'interesse oggettivamente valutabile del creditore ad ottenere una tutela frazionata deve emergere direttamente dalle deduzioni di parte o, in mancanza, deve essere rilevato dal giudice.
In questa seconda ipotesi il giudice dovrà rilevare d'ufficio la questione ex art. 183 c.p.c. e riconoscere un termine in capo alle parti processuali affinché queste possano esercitare le proprie difese ex art. 102 co 2 c.p.c..
I giudici di legittimità ritengono che, relativamente al caso di specie, suddetta questione sia stata debitamente considerata nel giudizio di merito.
La difesa della parte processuale è stata svolta per attestare come la propria pretesa non integrasse un'ipotesi di frazionamento abusivo del credito.
Disquisire sull'ammissibilità di tale domanda giudiziale ha avuto sempre, quale presupposto indefettibile, la sussistenza di un interesse meritevole di tutela da parte dell'ordinamento.
Parte ricorrente ha solo addotto, a sostegno di tale interesse, il rischio di prescrizione delle singole pretese senza in alcun modo supportarlo con idonei elementi fattuali.
Il rischio di prescrizione non può configurarsi come un interesse oggettivo e idoneo ad ammettere la tutela frazionate dei crediti.
Come noto, per evitare una tale evenienza, è sufficiente che il soggetto interessato invii un mero atto di costituzione in mora.
E' proprio per tali ragioni che la Corte di Cassazione, confermando le statuizioni del giudice di merito, rigetta il ricorso e condanna alla refusione delle spese di lite.