La vicenda
Un soggetto, quale titolare di un'azienda agricola, aveva richiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti dell'Assessorato della Salute della Regione Siciliana.
Il predetto decreto aveva ad oggetto il pagamento di una speciale indennità prevista in favore degli agricoltori, disciplinata dalla Legge regionale 12/1989.
Il resistente presentava opposizione all'esecuzione ed il Tribunale competente respingeva la domanda.
L'opponente sosteneva che l'indennità in questione risultava illegittima, poiché contraria al diritto comunitario, con la conseguenza che si sarebbero dovute disapplicare le norme relative al giudicato.
Il Tribunale appariva di diverso avviso.
Il decreto opposto era già divenuto esecutivo e, considerando il prevalente orientamento giurisprudenziale, in sede di opposizione all'esecuzione possono essere addotti solo fatti avvenuti successivamente alla formazione del titolo e non anche quelli anteriori.
Siffatto ragionamento sconfessava la tesi dell'opponente, rilevandosi altresì che il diritto europeo prevede e ammette la formazione del giudicato con la relativa definitività della vicenda processuale.
Le ragioni del ricorso in Cassazione
L'Assessorato denuncia la violazione degli artt. 87 e 88 del Trattato CE sull'assunto che l'indennità costituirebbe un aiuto di Stato illegittimamente concesso, non essendo stato sottoposto alla preventiva procedura di controllo da parte della Commissione europea.
Per queste ragioni, l'intervenuto passaggio in giudicato non potrebbe ammettersi, dal momento che si cristallizzerebbe una situazione giuridica in aperto contrasto con il diritto europeo.
Si riporta la posizione della Corte di Giustizia, la quale ha sostenuto che il diritto europeo non consente l'applicazione di una disposizione nazionale che impedisca di recuperare l'aiuto di Stato illegittimamente erogato (Caso Lucchini).
Nella prospettazione del ricorrente, la disposizione nazionale che si porrebbe in contrasto con il diritto europeo, sarebbe l'art. 2909 c.c., quest'ultima volta riconoscere appunto l'autorità di cosa giudicata.
La decisione dei giudici di legittimità
La Corte di Cassazione con la sentenza in commento, n. 16983/2018, coglie l'occasione per fornire alcuni chiarimenti relativamente al principio di primazia del diritto europeo, al potere di disapplicazione dei giudici nazionali in caso di contrasto tra il diritto nazionale e il diritto UE e, da ultimo, sull'intangibilità del giudicato.
Occorre procedere per gradi, ricostruendo il ragionamento svolto dai giudici di legittimità, trattandosi di un argomento alquanto attuale che ancora oggi non possiede una fisionomia ben definita.
Il Supremo Consesso conferma l'orientamento richiamato anche dal giudice di prime cure (ex multis Cass. 12911/2012).
Secondo il pacifico indirizzo giurisprudenziale, in sede di opposizione all'esecuzione, il debitore può opporre i soli fatti estintivi o modificativi verificatisi successivamente alla formazione del titolo esecutivo giudiziale.
A contrario, l'opponente non può far valere in tale sede tutti i fatti avvenuti anteriormente dal momento che questi ultimi possono essere dedotti solo nei giudizi preordinati alla formazione del titolo esecutivo.
Atteso ciò, bisogna interrogarsi se tale principio debba essere disapplicato qualora la sua applicazione risulti essere in contrasto con il diritto europeo.
Considerando il caso di specie, ci è si è posti l'interrogativo se la disapplicazione dovesse riguardare le norme sostanziali o le norme processuali.
In altri termini, ci si è chiesti se dovessero essere disapplicate le norme che riconoscono e attribuiscono efficacia al titolo o, invece, le norme volte ad individuare le sedi competenti per avanzare le ragioni e le doglianze sottese alle rispettive pretese.
Si dovrebbe essere orientati a considerare la disapplicazione delle norme processuali con cui il giudice matura il proprio convincimento poiché è proprio da tali norme che, in difetto di impugnazioni, potrà derivare il passaggio in giudicato.
La Cassazione chiarisce che nel caso di specie, la questione così prospettata esula dal thema decidendum, costituisce un falso problema e non è rilevante ai fini della decisione.
Ciò di cui bisogna occuparsi non attiene il giudicato e la relativa intangibilità quanto, invece, l'effettività del controllo giurisdizionale che l'ordinamento deve riconoscere in capo al giudice laddove si riscontri un possibile contrasto del diritto interno con il diritto europeo.
Vero è che Il Tribunale ha affrontato il tema del giudicato, prendendone finanche posizione, ma un tale riferimento si è reso necessario solo per affermare che il principio rammentato in tema di opposizione all'esecuzione non si sarebbe potuto disapplicare neanche in caso di palese contrasto tra l'indennità ed il diritto europeo.
L'affermazione appena riportata non deve indurre a sostenere che la violazione del diritto unionale sia destinata a rimanere impregiudicata ma, al contrario, questa deve essere fatta valere nelle opportune sedi giurisdizionali.
Nel caso di specie, una tale sede sarebbe stata il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo e non, come prospettato dal ricorrente, l'opposizione all'esecuzione.
L'ordinamento riconosce così una sede giurisdizionale in cui far valere il summenzionato contrasto, con ciò fornendo all'interessato una tutela effettiva, concreta e nel pieno contraddittorio tra le parti.
La questione non riguarda dunque l'intangibilità del giudicato ma l'effettività del controllo giurisdizionale che l'ordinamento deve riconoscere.
L'intangibilità del giudicato è solo una conseguenza della mancata osservanza delle regole poste a fondamento di ciascun tipo di tutela processuale.
La sussistenza di una sede giurisdizionale in cui far valere il contrasto tra una disposizione nazionale ed il diritto europeo, induce ad affermare che la sua rilevabilità spetta e dipende dalla volontà di attivarsi da parte dell'interessato.
Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è infatti, come noto, una fase eventuale e successiva del procedimento ingiuntivo, attivabile su impulso di parte e a cognizione piena.
Tali caratteristiche permettono di desumere come il giudice ben possa disapplicare in tale sede la norma nazionale in contrasto con il diritto europeo.
La stessa Corte di Giustizia riconosce l'importanza del giudicato e, dunque, la definitività dei provvedimenti giurisdizionali che si pone come necessaria per garantire la certezza dl diritto e la stabilità dei rapporti giuridici.
Relativamente a tale ambito, non vi è alcuna una normativa europea e ciò comporta che, in virtù del principio di autonomia procedurale, la regolamentazione è rimessa alla discrezionalità di ogni singolo Stato nazionale.
La Corte di Giustizia ha costantemente affermato che il diritto europeo non impone al giudice nazionale di disapplicare le norme processuali relative al giudicato nemmeno se questo permetterebbe di risolvere una situazione di contrasto tra il diritto nazionale e il diritto unionale.
Una tale conclusione si impone qualora il contrasto con il diritto europeo non venga fatto valere nelle sedi giurisdizionali opportune e non perché il giudicato sia da considerarsi intangibile.
E' proprio per tali motivi che l'inopponibilità del contrasto in sede di opposizione all'esecuzione discende dalla regola iuris che preclude al debitore di far valere in tale fase fatti anteriori alla formazione del titolo esecutivo.
Il riferimento di parte ricorrente al Caso Lucchini non contraddice l'analisi svolta dal momento che essa afferiva una situazione del tutto peculiare in cui erano coinvolti i principi sottesi alla ripartizione delle competenze tra Stati membri e UE in materia di aiuti di Stato.
I giudici di legittimità non nascondono che ad oggi l'intangibilità del giudicato sia fonte di preoccupazioni in relazione ad ipotesi in cui risulti essere impossibile o estremamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento unionale.
Una tale problematicità, che rimane attuale e molto dibattuta, sia in ambito civile che in ambito penale, esula dal caso di specie.
Molti autori hanno coniato espressioni quali "erosione del giudicato", "il giudicato che diviene tangibile", "il venir meno del mito del giudicato" ma ciò, seppur rimanga argomento attuale ed in divenire, non corrisponde alla quaestio iuris sottesa al caso in esame.
A fronte di quanto suesposto si ribadisce che il controllo giurisdizionale in materia di aiuti di Stato, rimesso al giudice nazionale, risulta pienamente compatibile ed esperibile con il giudizio ordinario di opposizione a decreto ingiuntivo.
L'effettività della tutela è riconosciuta dall'ordinamento e non è stata colta ed impiegata dalla parte interessata.
Il ricorso viene così respinto con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese processuali. Cass. Civ., Sez. I, sentenza 16983/2018