Quali sono gli obblighi e le cautele a cui è tenuto il genitore, separato o divorziato, durante i periodi di vacanza con i figli

di Lucia Izzo - L'estate è un periodo particolarmente "caldo" per le coppie separate o divorziate, e non solo dal punto di visto meteorologico: le agognate vacanze, infatti, sempre più spesso si trasformano in una battaglia a suon di denunce con figli contesi tra gli ex, come dimostrano i dati di Ami, Associazione avvocati matrimonialisti italiani, che ha lanciato l'allarme parlando di circa 20mila bambini coinvolti "in un gioco al massacro" da parte dei genitori separati o divorziati.


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A molti bambini e ragazzi viene ingiustamente impedito di trascorrere le vacanze insieme a uno dei genitori, oppure capita spesso di vedere "certificati medici dell'ultimo minuto per patologie inesistenti, tirate in ballo per non consegnare il bambino all'altro coniuge", ha affermato lo scorso anno il presidente Ami, Avv. Gian Ettore Gassani.


Una situazione che "produce danni gravissimi nella sfera emotiva dei ragazzi" ha soggiunto Gassani parlando di una vera e propria "emergenza nazionale" e suggerendo di introdurre una norma ad hoc dedicata al reato di alienazione parentale.


Ecco, dunque, una breve guida sugli obblighi e le norme di comportamento da rispettare da parte dei genitori separati e divorziati che portano in vacanza con sé i propri figli:

In vacanza con l'ex: quanti giorni spettano?

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L'affidamento condiviso è la soluzione normalmente preferibile dai genitori che possono in tal modo accordarsi sul tempo da trascorrere con i figli, anche per quanto riguarda le vacanze estive. La coppia viene infatti invitata a raggiungere un accordo, ove possibile, sulla frequentazione e sul diritto di visita del genitore c.d. non collocatario, nonché su tempi e modalità di svolgimento delle vacanze estive da parte dei minori.


Sul punto la legge non detta termini minimi o massimi e sono di norma i giudici a concedere al genitore non convivente (spesso, ma non sempre, trattasi del padre) di trascorrere con i figli, durante le vacanze estive, un periodo di circa 15 giorni, ovvero due settimane consecutive oppure frazionate. Capita assai di frequente, tuttavia, che la gestione di questi periodi sia motivo di ulteriori discussioni e conflittualità tra le parti, soprattutto se la fine del rapporto non è stata pacifica.


Tuttavia, la giurisprudenza ha costantemente rammentato al genitore affidatario il suo dovere di favorire il rapporto del figlio con l'altro genitore, a meno che sussistano contrarie indicazioni di particolare gravità, poiché entrambe le figure genitoriali sono centrali e determinanti per la crescita equilibrata del minore.

Ne discende che ostacolare gli incontri tra padre e figlio, fino a recidere ogni legame con gli stessi, oltre ad avere effetti deleteri sull'equilibrio psicologico e sulla formazione della personalità del secondo, configura elusione dell'esecuzione del provvedimento giurisdizionale adottato dal giudice civile (cfr. Cass. n. 27995/2009).

Se, da un lato, è possibile ricorrere al giudice civile per una più dettagliata organizzazione delle visite, anche per quanto riguarda le vacanze estive, il genitore che impedisce all'altro di tenere i figli durante il periodo prestabilito, potrà denunciare l'accaduto alle Autorità Giudiziarie competenti.

In tema di frequentazione tra genitore non affidatario e figli, la Corte di Cassazione ha più volte rammentato che il genitore che impedisce all'altro di vedere i minori, non rispettando il diritto di visita, potrebbe incorrere nel reato di cui all'art. 388 c.p. per "Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice" (per approfondimenti: Carcere per la madre che non fa vedere la figlia al padre).

Genitori separati/divorziati: chi paga le vacanze estive ai figli?

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Tra le problematiche correlate al portare in vacanza i figli, molti genitori sollevano quella riguardante le spese: nel dettaglio, ci si chiede se le spese relative alle ferie siano da considerarsi o meno straordinarie e se vadano, dunque, divise a metà con l'altro coniuge.

Per la prevalente giurisprudenza, di legittimità e di merito, si ritengono straordinari gli esborsi necessari a far fronte ad eventi imprevedibili o addirittura eccezionali, ad esigenze non rientranti nelle normali consuetudini di vita dei figli o comunque non ricorrenti, non quantificabili e determinabili in anticipo, ovvero di apprezzabile importo rispetto al tenore di vita della famiglia e alle capacità economiche dei genitori.

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Pertanto, si ritiene che le spese per le vacanze trascorse assieme ai genitori vadano sostenute interamente dal genitore con cui il figlio le trascorre. Diversa, invece, la disciplina per le spese riguardanti viaggi di istruzione e vacanze trascorse autonomamente senza i genitori, che richiederanno un preventivo accordo tra i due,

Mantenimento: va pagato anche durante le vacanze

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Anzi, la giurisprudenza ritiene che il genitore obbligato a corrispondere l'assegno di mantenimento dovrà pagarlo integralmente anche per il periodo in cui la prole è con lui in vacanza: il contributo al mantenimento dei figli minori, determinato in una somma fissa mensile in favore del genitore affidatario, non costituisce il mero rimborso delle spese sostenute dal suddetto affidatario nel mese corrispondente, bensì la rata mensile di un assegno annuale determinato in funzione delle esigenze della prole rapportate all'anno.

In pratica, il giudice della famiglia, regolando la contribuzione del genitore non convivente, stabilisce una somma astratta in una unica soluzione, quantificandola sostanzialmente in moneta, decidendone la corresponsione rateale o frazionata in più soluzioni solo per garantirne con maggiore certezza il reale e puntuale adempimento e agevolare il genitore obbligato al relativo versamento (cfr. Tribunale di Milano, sent. 1° luglio 2015).

Ne consegue che il genitore non affidatario non può ritenersi sollevato dall'obbligo di corresponsione dell'assegno per il tempo in cui i figli, in relazione alle modalità di visita disposte dal giudice, si trovino presso di lui ed egli provveda pertanto, in modo esclusivo, al loro mantenimento (cfr. Cass. n. 18869/2014).

Vacanze: l'obbligo di comunicare l'indirizzo esatto all'ex coniuge

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Spesso, sopratutto quanto la conflittualità tra i coniugi è elevata, capita che uno dei due per ripicca nei confronti dell'altro ometta ogni comunicazione riguardante il luogo in cui porta i minori in vacanza lasciando l'ex partner all'oscuro.


Sul punto, la giurisprudenza ha ritenuto che il comportamento del genitore separato, che rifiuta di comunicare all'altro la città e l'indirizzo dell'alloggio dove porta i figli in vacanza, non integra un reato se nelle condizioni della separazione è stabilito soltanto di concordare i periodi di vacanza.


Il Tribunale di Rieti (sent. del 15 giugno 2011) si è pronunciato sul comportamento di un padre che aveva omesso di far sapere alla ex in quale località di vacanza aveva portato i figli, non rispondendo alle chiamate e fornendo risposte evasive: certo, secondo in giudici, trattasi di una violazione piuttosto grave (oltre che priva di qualsiasi giustificazione, non rispondendo ad alcun apprezzabile interesse dell'indagato) che avrebbe impedito, o reso assai difficoltoso, alla madre di riuscire sollecitamente a recuperare i propri figli o a mettersi in contatto con essi.

Tuttavia, non si tratta di reato poiché l'omessa comunicazione della località ove il genitore intendeva trascorrere un periodo di villeggiatura con i figli non eludeva il decreto di omologa secondo cui "i genitori concorderanno i periodi che i figli trascorreranno rispettivamente con ognuno di essi durante le vacanze estive…".

In sostanza, l'aver limitato l'oggetto della negoziazione ai soli periodi di vacanza, ha fatto sì che ciascuno dei genitori fosse libero di scegliere la località di villeggiatura senza doverla concordare con 'altro coniuge.

Ciononostante, precisano i giudici, che la madre aveva comunque il diritto di sapere in quale località l'ex aveva portato i figli in vacanza poiché: conoscere il luogo in cui si trovano i figli affidati o temporaneamente seguiti dall'altro genitore (se non altro per poter tempestivamente intervenire in caso di impedimento o difficoltà di quest'ultimo) è un diritto che discende direttamente dall'art. 143 c.c. che sancisce la collaborazione dell'altro coniuge nell'interesse della famiglia.

Inoltre, tale diritto è esercitabile in ogni momento della vita familiare e, con riguardo alla prole, non viene meno a seguito della separazione, essendo indubitabile che ciascuno dei genitori, anche in detta fase del rapporto, debba collaborare con l'altro nell'esclusivo interesse dei figli.

L'omessa comunicazione del luogo dove il genitore ha condotto il minore nel periodo di vacanza, non è dunque da considerarsi "elusione" del provvedimento del giudice, ma mera violazione di "regole di buona prassi", non penalmente sanzionabile; tale condotta può invece avere conseguenze civilistiche, ben potendo il genitore non affidatario richiedere modifiche del provvedimento del tribunale dei minori qualora provi che l'iniziativa del genitore affidatario è pregiudizievole per il minore (Corte d'appello di Torino, sent. del 26.02.2008)

Vacanze all'estero: serve il permesso di entrambi i genitori?

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Quando la meta del viaggio si trova all'estero le regole non sono dissimili a quelle previste per i genitori non separati o divorziati.Il Comune o la Questura potrà rilasciare i documenti validi per l'espatrio (carta di identità e passaporto o dichiarazione di accompagnamento) solo in presenza dell'accordo di entrambi i genitori.

In alcuni casi è già il provvedimento emesso dal giudice (in sede di separazione o divorzio) ad aver esplicitato disposizioni in tal senso, ad esempio il divieto di portare il minore in luoghi diversi da quello di domicilio, in determinate località o all'estero, oppure si acconsente a che il minore visiti certi paesi senza necessità di previo assenso dell'altro genitore.

Se, invece, nulla è stato previsto in tal senso, in caso di dissenso dell'altro genitore non giustificato da motivi di sicurezza internazionale, chi desidera partire portando il figlio con sé all'estero potrà rivolgersi al Giudice tutelare per chiedere l'autorizzazione anche in mancanza del consenso dell'altro. Il giudice, a seguito dei necessari accertamenti, potrà acconsentire al rilascio dei documenti validi per l'espatrio sostituendosi nel consenso al genitore che l'abbia rifiutato.

Il diniego al rilascio dei documenti, invece, potrà essere fondato su particolari motivazioni fornite dal genitore dissenziente: ad esempio ove questi dimostri che la meta scelta è pericolosa (a causa di una situazione politicamente instabile o di guerra), oppure insicura o insalubre per i figli, oppure che sussista il fondato pericolo che il genitore intenda trasferirsi stabilmente all'estero portando i bambini con sè.


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