di Valeria Zeppilli - Il danno psichico subito dal lavoratore in conseguenza della condotta mobbizzante posta in essere nei suoi confronti dal datore di lavoro va ricondotto alla malattia indennizzabile dall'Inail: a sancirlo è la Corte di cassazione che si è occupata della problematica nella sentenza numero 20774/2018 qui sotto allegata.
Rischio rilevante
Del resto, è orientamento ormai consolidato in giurisprudenza che in materia di assicurazione sociale non rileva solo il rischio specifico proprio di una determinata lavorazione, ma anche il rischio specifico improprio, ovverosia quello che non è insito nell'atto materiale della prestazione ma è con essa collegato. Per i giudici, infatti, "nel momento in cui il lavoratore è stato ammesso a provare l'origine professionale di qualsiasi malattia, sono necessariamente venuti meno anche i criteri selettivi del rischio professionale, inteso come rischio specificamente identificato in tabelle".
Malattie indennizzabili
All'esito di un lungo ragionamento, la Cassazione ha quindi affermato che, nell'ambito del sistema del Testo Unico, sono indennizzabili tutte le malattie fisiche o psichiche la cui origine debba essere ricondotta al lavoro o alle modalità con le quali esso si esplica. Infatti, "il lavoro coinvolge la persona in tutte le sue dimensioni" e la sottopone a rischi che rilevano sia per la sfera fisica che per quella psichica, con la conseguenza che "ogni forma di tecnopatia che possa ritenersi conseguenza di attività lavorativa risulta assicurata all'INAIL, anche se non è compresa tra le malattie tabellate o tra i rischi tabellati". Tra di esse va annoverata, pertanto, anche quella derivante da mobbing.
Corte di cassazione testo sentenza numero 20774/2018